
Desertec, progetto al via - Ora c'è un posto al sole anche per Enel e Terna
da "La Repubblica" del 1/03/2010 - di Luca Pagni
Fino a ora è sventolata solo la bandiera della Germania. Un progetto nato dalla collaborazione di dodici tra compagnie elettriche, produttori di rinnovabili e istituti di credito del calibro di Commerzbank, tutte rigorosamente tedesche.
Ma fra poche settimane, Desertec, l' avveniristico progetto da 400 miliardi di euro per la realizzazione nel deserto del Sahara di impianti solari in grado di generare il 15% del fabbisogno energetico dell' Europa, parlerà anche altre lingue.
A cominciare dall' italiano. Si sono oramai conclusi i colloqui che porteranno anche Enel a far parte del consorzio che dedicherà i prossimi tra anni a studiare la fattibilità del progetto: il primo passo concreto per la realizzazione delle centrali, che vedranno tra i protagonisti altre utility di primo piano nel Vecchio Continente.
Oltre a Enel, ci sarà il suo più diretto concorrente, il colosso francese Edf; cui si aggiungeranno con tutta probabilità anche gli spagnoli di RedElectrica, la più importante società iberica di trasmissione di energia.
Che andranno così ad affiancare i tedeschi di E.On e di Siemens, tra i promotori del consorzio originario. A confermare, l' interesse di Enel nell' operazione Desertec è Roberto Deambrogio, responsabile del business development di Enel Green Power, lo spin off in cui l' ex monopolista italiano ha raggruppato tutti gli impianti delle rinnovabili e che entro l' estate dovrebbe approdare in Borsa.
Da tecnico, Deambrogio è il più indicato a spiegare quale sarà la particolarità del progetto che non prevede, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la presenza di impianti fotovoltaici, ma di più semplici specchi. Per intenderci, sul modello di quelli utilizzati da Archimede per difendere Siracusa dall' assedio delle legioni romane.
«Desertec prevede che la conversione di energia solare in energia elettrica possa avvenire attraverso due tecnologie: quella fotovoltaica e quella a concentrazione. La prima converte le radiazioni solari direttamente in energia elettrica attraverso pannelli mentre quella a concentrazione prevede la raccolta e la concentrazione dei raggi solari attraverso specchi per la produzione di vapore che sarà inviato a turbine per la produzione di energia elettrica».
Con l' utilizzo degli specchi c' è anche un altro vantaggio: «La tecnologia a concentrazione attraverso l' utilizzo di sali fusi come fluido termodinamico spiega ancora Deambrogio può permettere l' immagazzinamento di energia solare e la sua trasformazione in energia elettrica in assenza di sole, quindi, anche di notte».
Accolto con qualche scetticismo a metà dell' anno scorso, Desertec è diventato uno di quei progetti in cui è meglio esserci che pentirsi poi di non averci nemmeno provato.
A spaventare non sono tanto i costi (stima attuale: oltre 400 miliardi di euro da qui al 2050), quanto le difficoltà tecniche e anche geopolitiche. Perché prima di tutto occorre scegliere l' area degli insediamenti delle centrali solari, che a lavori conclusi raggiungeranno una superficie pari a un quadrato di 50 per 50 chilometri. Al momento, solo Marocco e Tunisia offrono buone garanzie. Non così la Libia del colonnello Gheddafi. E nemmeno Algeria ed Egitto sono esenti da rischi di ordine pubblico, vista la presenza di agguerriti gruppi legati all' estremismo islamico. Non è escluso che i primi impianti siano realizzati in Marocco, dove si trovano i centri abitati più vicini alle aree desertiche, ma in prossimità anche agli acquedotti. Perché la disponibilità d' acqua necessaria per tenere puliti gli specchi dalla sabbia è fondamentale quanto la messa in sicurezza da attentati e dai furti.
Altro problema tecnico è rappresentato dal trasporto dell' energia: come far arrivare i kilowattora prodotti nel Sahara fino alle coste europee visto che l' unico cavo che al momento collega le due sponde si trova tra la Spagna e il Marocco? Sarà inevitabile moltiplicare le linee, tanto è vero che dei 400 miliardi preventivati 35 sono proprio destinati allo sviluppo della rete di trasmissione. Un ambito in cui l' Italia, per la sua posizione geografica, giocherà un ruolo di primo piano.
Potrebbero essere della partita anche Terna, la società che gestisce il 95% della rete elettrica del nostra Paese, nonché Prysmian (l' ex Pirelli Cavi che ora ha un fondo di Goldman Sachs come principale azionista) nella realizzazione degli impianti sottomarini grazie al suo ruolo di leader mondiale del settore.
Non a caso, proprio Terna potrà fare le prove con la realizzazione del nuovo collegamento previsto tra la Sicilia e la Tunisia. Ma del progetto Desertec non dovrebbe beneficiare solo la "ricca" Europa. Nel giro di pochi anni, i consumi nell' area del Mediterraneo si sposteranno verso sud. Se è vero che, al momento, il 70% della domanda di energia è concentrata nei paesi della sponda europea, d' ora in poi gli equilibri sono destinati a modificarsi.
Secondo uno studio realizzato dell' Observatoire Méditerranéen de l' Energie (l' associazione che raccoglie tutti gli operatori delle nazioni costiere, guidata dal presidente di Enel Piero Gnudi), fino al 2030 la domanda di elettricità dei paesi del nord crescerà dell' 1% all' anno, mentre i paesi della sponda meridionale la vedranno aumentare del 4,6%.
Il che avrà un impatto notevole sul contenimento della CO2: e se nel periodo 1990-2005 i due terzi delle emissioni erano da imputare ai paesi del nord (con una crescita annua del 2%), le nazioni della sponda meridionale sono destinate a essere le responsabili del 47% della CO2 emessa nell' atmosfera entro il 2030. Tutto questo, ovviamente, se la produzione di elettricità sarà garantita solo da combustibili fossili. Da qui, l' ulteriore importanza di Desertec. Il che equivale a dire che una parte dell' energia ottenuta dagli impianti solari rimarrà nei paesi di produzione. Ma non solo. Poiché il progetto è ancora più complesso e porta alla realizzazione di una supergrid, una rete che metta in collegamento tutti gli impianti di energia rinnovabile sulle due sponde del Mediterraneo.
Obiettivo che sarà raggiunto completando le reti tra i paesi arabi africani e tra la Siria e la Turchia: ma anche per questo ci sarà tempo fino al 2050.
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