sabato 31 gennaio 2009

Abbey in the oakwood


"Cos'è dunque la malinconia? E' l'isterismo dello spirito. Giunge un momento nella vita dell'uomo in cui (...) lo spirito esige una forma superiore nella quale afferrare se stesso come spirito. Come spirito immediato l'uomo è una cosa sola con tutta la vita terrena, e lo spirito si vuol quasi raccoglier fuori da questa dispersione e trasfigurarsi in se stesso: la personalità vuole diventare cosciente di sè nel suo eterno valore. Se questo non accade, se il movimento si ferma, e viene represso subentra la malinconia.
Molte cose si possono fare per dimenticarla, si può lavorare, ci si può aggrappare a mezzi (...) innocenti (...), ma la malinconia rimane.
Vi è qualche cosa di inspiegabile nella malinconia. Chi ha dolori e preoccupazioni sa perchè è triste e preoccupato. Se si domanda a un malinconico quale ragione egli abbia per essere così, cosa gli pesa, risponderà che non lo sa, che non lo può spiegare. In questo consiste lo sconfinato orizzonte della malinconia. Questa risposta è giustissima: poichè non appena egli conosce il perchè, la malinconia è dissipata, mentre il dolore di chi soffre non è affatto sollevato se conosce perchè soffre.
Ma la malinconia è un peccato, è veramente un peccato instar omnium, poichè è peccato non volere profondamente, e sentitamente; questo è il padre di tutti i peccati.
Questa malattia, o piuttosto, questo peccato, è molto comune ai nostri giorni ed è per questo che tutta la gioventù in Germania e in Francia sospira.
(...) Confesso che il fatto di essere malinconico, in un certo senso, non è un cattivo segno, poichè accade di solito alle nature più dotate. Non (...) presumere che chiunque soffra di indigestione abbia per questo il diritto di chiamarsi malinconico, cosa che si osserva anche troppo spesso ai nostri giorni, in cui l'essere malinconico è quasi diventato uno snobismo ricercato da tutti.
Ma chi vuol essere superiormente dotato, deve accettare anche che io gli addossi la responsabilità di poter essere anche più colpevole degli altri. (...) Non appena il movimento è accaduto, la malinconia è sostanzialmente dissipata, però può succedere a questo individuo che la vita gli dia ancora molti dispiaceri e molte preoccupazioni, e a questo riguardo sai che io, meno di tutti, sopporto la savia meschinità che dice che non serve attristarsi e che bisogna scacciare i dolori. Mi vergognerei di me stesso se con queste parole osassi avvicinarmi a chi soffre.
Persino colui nella cui vita il movimento avviene più tranquillamente, più pacificamente e tempestivamente possibile, manterrà sempre un po' di malinconia; ma ciò dipende da qualche cosa di assai profondo, dal peccato originale, che fa sì che nessuno possa diventare trasparente a se stesso. Invece coloro la cui anima non conosce malinconia, sono quelli il cui spirito non presagisce nemmeno una metamorfosi."
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Kierkegaard, da "Aut-aut"

P.P.P.


GLI ESERCITI PERMANENTI (MILES PERPETUUS) DEVONO CON IL TEMPO SCOMPARIRE DEL TUTTO.
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Infatti, pronti come sono a mostrarsi sempre armati a questo scopo, minacciano costantemente di guerra gli altri stati e spingono questi a superarsi a vicenda nella quanità degli armati, che non conosce limiti, e poichè, con i costi che ciò richiede, la pace diventa alla fine ancora più pesante di una breve guerra, sono allora essi stessi causa di guerre di aggressione, per liberarsi da questo peso. A ciò si aggiunge il fatto che l'essere assoldati per uccidere e venire uccisi sembra comportare un uso degli uomini come semplici macchine o strumenti nelle mani di un altro (dello Stato), un uso che non si accorda con il diritto dell'umanità nella nostra propria persona.
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da "Per la pace perpetua", Immanuel Kant

giovedì 29 gennaio 2009

Una ripassatina

Perchè una ripassatina ogni tanto non fa mai male, magari ce ne fosse una all'ordine del giorno in un consiglio dei ministri nel futuro prossimo...

Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
Art. 77 c. II della costituzione


- necessità [ne-ces-si-tà] n.f. invar. 1 l' esser necessario; esigenza, bisogno assoluto 2 cosa necessaria 3 forza superiore al volere degli uomini che ne determina l'agire
SIN. inevitabilità, ineluttabilità

- urgenza [ur-gèn-za] [pl. e] 1 l'essere urgente; necessità impellente, inderogabile di qualcosa 2 situazione molto grave
SIN. impellenza, inderogabilità, indifferibilità
Dizionario GARZANTI

mercoledì 28 gennaio 2009

Wanderer above the mist sea


"Immagina un capitano sulla sua nave nel momento in cui deve dar battaglia; forse egli potrà dire "bisogna fare questo o quello"; ma se non è un capitano mediocre, nello stesso tempo si renderà conto che la nave, mentre egli non ha ancora deciso, avanza colla solita velocità, e che così è solo un istante quello in cui sia indifferente se egli faccia questo o quello.

Così anche l'uomo, se dimentica di calcolare questa velocità, alla fine giunge un momento in cui non ha più libertà della scelta, non perchè ha scelto, ma perchè non l'ha fatto, il che si può anche esprimere così: perchè gli altri hanno scelto per lui, perchè ha perso se stesso."

Kierkegaard, da "Aut-aut"

martedì 27 gennaio 2009

Il cavallo e l'avena

Ho letto questa roba tre anni fa e mi colpì per due motivi:
- per il messaggio di liberazione in essa espresso (rivoluzionario per i tempi in cui l'opera fu scritta ed esposta in un'aula universitaria dello stato più bigotto e puritano d'America)
- per la simpatica storiella tedesca raccontata a mò di esempio, storiella conosciuta non solo dalla letteratura tedesca ma anche da mio nonno (e prima o poi cercherò di capire come ne sia venuto a conoscenza)


"Come non ci illudiamo che nelle nostre macchine possa essere convertita in lavoro meccanico utilizzabile più di una certa frazione del calore impiegato, allo stesso modo non dovremmo nutrire l'aspirazione di alienare le nostre pulsioni in tutto il loro ammontare energetico dai loro scopi veri e propri.
La cosa non può riuscire e qualora l'attività di limitazione dovesse essere spinta troppo oltre, essa porterebbe con sé tutti i danni di una devastazione. (...)
Mi permetto di esporre indirettamente quel che penso raccontandovi una vecchia storiella dalla quale sarete voi a dover trarre le conclusioni. La letteratura tedesca conosce una cittadina, Schilda, dei cui abitanti si diceva escogitassero ogni sorta di ingegnose trovate.
I cittadini di Schilda, si racconta, possedevano un cavallo delle cui prestazioni erano molto soddisfatti e al quale avevano un solo rimprovero da muovere: che consumava una gran quantità di costosa avena. Decisero di fargli perdere delicatamente questa cattiva abitudine, alleggerendo quotidianamente la sua razione di qualche filo, sino ad abituarlo all'astinenza completa.
Per un po' di tempo le cose andarono ottimamente, il cavallo era ridotto a un filo d'avena al giorno, e il giorno successivo avrebbe dovuto finalmente lavorare senza avena.
La mattina in questione l'impertinente animale fu trovato morto, i cittadini di Schilda non riuscirono a spiegarsi di che cosa fosse morte.
Noi saremmo inclini a credere che il cavallo sia morto di fame e che comunque, senza una certa razione di avena, non ci si possa aspettare da un animale prestazione alcuna.

Sigmund Freud, da "Cinque conferenze sulla psicoanalisi - tenute per il ventesimo anniversario di fondazione della Clark University di Worcester, Massachusetts, nel settembre 1909"

domenica 25 gennaio 2009

Il mio amico M.A.C. (o era ET?)

C'è un che di tragico(mico) nel venerare il proprio nome, specie quando costituisce uno dei propri pochi pregi sostanzialmente indiscussi (o quasi).
Il solo Iddio avrà capito il mio sconcerto nel venire a conoscenza dell'esistenza di un mio omonimo. Caspita, mi son detto, non c'ho mica la rassegnazione di Mario Rossi, io! Voglio un identificativo originale, io!
Il trauma non è stato poi così violento e la matassa della mia vita ha continuato a sbrogliarsi senza gran sobbalzi fino a quando non mi è stata segnalata questa cosa qui...





MAC è l'acronimo di "Mysterious Alien Creature".

"Il mio amico MAC" è la storia di un ragazzino che fa amicizia con un alieno dal fare gentile e dall'aspetto docile e mansueto che viene dallo spazio profondo e dispone di sorprendenti poteri e...
Sì, insomma, è un clone di ET ai cui produttori non è passata per la testa neanche lontanamente l'idea di realizzare qualcosa che non sembrasse la più spudorata operazione di plagio della storia!
Ma la cosa davvero triste, quella che avrebbe dovuto causare l'indizione di conferenze internazionali e la costituzione di tavoli diplomatici ad hoc, è che MAC non è solo il nome di questo sgorbio extraplanetario ma anche il mio soprannome!
E' passato troppo tempo dalla pubblicazione del film e sono quasi certo che non ci sarebbe giudice al mondo in potere di concedermi un risarcimento per i danni riportati dalla mia immagine e dalla mia onorabilità a causa della coincidenza del mio adorato e ormai storico soprannome con quello di un umanoide protagonista di una pellicola prodotta prima che io nascessi (è molto più facile che il risarcimento venga concesso all'alieno, a ben pensarci!)


A 'sto punto, forte del fatto che comunque homo homini lupus, mando a quel paese la buona creanza e tutte le acquisizioni della civiltà occidentale (sì, ce ne sono ancora alcune che non ho completamente abbandonato!) e mi creo un bel blog dove pubblicare quando mi pare e piace stralci dei miei libri preferiti, visto e considerato che qua se ne impipano tutti di qualunque copyright! Diamine, MAC era una certezza per me, la mia essenza! (e poi è straordinario nella sua versione anglofona coniata dall'amico Carafinho "Mec")

Non aspettatevi sfoghi personali e invettive grillesche - come se in questo momento ci fosse al mondo un solo essere vivente in attesa di qualcosa da questo caspio di blog che in parte mi sto già pentendo di aver aperto perchè so già che finirò nei momenti di debolezza per farne il mio frignatoio pubblico in barba a ogni idea di decenza residua.

Vabuò, aspetto un vendicativo commento di Albey mirato a sottolineare qualsivoglia errore di gramatica io abbia commesso in questo primo post! (sarò corretto ed eviterò di rileggerlo, Albey!)