martedì 27 gennaio 2009

Il cavallo e l'avena

Ho letto questa roba tre anni fa e mi colpì per due motivi:
- per il messaggio di liberazione in essa espresso (rivoluzionario per i tempi in cui l'opera fu scritta ed esposta in un'aula universitaria dello stato più bigotto e puritano d'America)
- per la simpatica storiella tedesca raccontata a mò di esempio, storiella conosciuta non solo dalla letteratura tedesca ma anche da mio nonno (e prima o poi cercherò di capire come ne sia venuto a conoscenza)


"Come non ci illudiamo che nelle nostre macchine possa essere convertita in lavoro meccanico utilizzabile più di una certa frazione del calore impiegato, allo stesso modo non dovremmo nutrire l'aspirazione di alienare le nostre pulsioni in tutto il loro ammontare energetico dai loro scopi veri e propri.
La cosa non può riuscire e qualora l'attività di limitazione dovesse essere spinta troppo oltre, essa porterebbe con sé tutti i danni di una devastazione. (...)
Mi permetto di esporre indirettamente quel che penso raccontandovi una vecchia storiella dalla quale sarete voi a dover trarre le conclusioni. La letteratura tedesca conosce una cittadina, Schilda, dei cui abitanti si diceva escogitassero ogni sorta di ingegnose trovate.
I cittadini di Schilda, si racconta, possedevano un cavallo delle cui prestazioni erano molto soddisfatti e al quale avevano un solo rimprovero da muovere: che consumava una gran quantità di costosa avena. Decisero di fargli perdere delicatamente questa cattiva abitudine, alleggerendo quotidianamente la sua razione di qualche filo, sino ad abituarlo all'astinenza completa.
Per un po' di tempo le cose andarono ottimamente, il cavallo era ridotto a un filo d'avena al giorno, e il giorno successivo avrebbe dovuto finalmente lavorare senza avena.
La mattina in questione l'impertinente animale fu trovato morto, i cittadini di Schilda non riuscirono a spiegarsi di che cosa fosse morte.
Noi saremmo inclini a credere che il cavallo sia morto di fame e che comunque, senza una certa razione di avena, non ci si possa aspettare da un animale prestazione alcuna.

Sigmund Freud, da "Cinque conferenze sulla psicoanalisi - tenute per il ventesimo anniversario di fondazione della Clark University di Worcester, Massachusetts, nel settembre 1909"

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