
"Cos'è dunque la malinconia? E' l'isterismo dello spirito. Giunge un momento nella vita dell'uomo in cui (...) lo spirito esige una forma superiore nella quale afferrare se stesso come spirito. Come spirito immediato l'uomo è una cosa sola con tutta la vita terrena, e lo spirito si vuol quasi raccoglier fuori da questa dispersione e trasfigurarsi in se stesso: la personalità vuole diventare cosciente di sè nel suo eterno valore. Se questo non accade, se il movimento si ferma, e viene represso subentra la malinconia.
Molte cose si possono fare per dimenticarla, si può lavorare, ci si può aggrappare a mezzi (...) innocenti (...), ma la malinconia rimane.
Vi è qualche cosa di inspiegabile nella malinconia. Chi ha dolori e preoccupazioni sa perchè è triste e preoccupato. Se si domanda a un malinconico quale ragione egli abbia per essere così, cosa gli pesa, risponderà che non lo sa, che non lo può spiegare. In questo consiste lo sconfinato orizzonte della malinconia. Questa risposta è giustissima: poichè non appena egli conosce il perchè, la malinconia è dissipata, mentre il dolore di chi soffre non è affatto sollevato se conosce perchè soffre.
Ma la malinconia è un peccato, è veramente un peccato instar omnium, poichè è peccato non volere profondamente, e sentitamente; questo è il padre di tutti i peccati.
Questa malattia, o piuttosto, questo peccato, è molto comune ai nostri giorni ed è per questo che tutta la gioventù in Germania e in Francia sospira.
(...) Confesso che il fatto di essere malinconico, in un certo senso, non è un cattivo segno, poichè accade di solito alle nature più dotate. Non (...) presumere che chiunque soffra di indigestione abbia per questo il diritto di chiamarsi malinconico, cosa che si osserva anche troppo spesso ai nostri giorni, in cui l'essere malinconico è quasi diventato uno snobismo ricercato da tutti.
Ma chi vuol essere superiormente dotato, deve accettare anche che io gli addossi la responsabilità di poter essere anche più colpevole degli altri. (...) Non appena il movimento è accaduto, la malinconia è sostanzialmente dissipata, però può succedere a questo individuo che la vita gli dia ancora molti dispiaceri e molte preoccupazioni, e a questo riguardo sai che io, meno di tutti, sopporto la savia meschinità che dice che non serve attristarsi e che bisogna scacciare i dolori. Mi vergognerei di me stesso se con queste parole osassi avvicinarmi a chi soffre.
Persino colui nella cui vita il movimento avviene più tranquillamente, più pacificamente e tempestivamente possibile, manterrà sempre un po' di malinconia; ma ciò dipende da qualche cosa di assai profondo, dal peccato originale, che fa sì che nessuno possa diventare trasparente a se stesso. Invece coloro la cui anima non conosce malinconia, sono quelli il cui spirito non presagisce nemmeno una metamorfosi."
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Kierkegaard, da "Aut-aut"
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