martedì 26 gennaio 2010

Fire burns (but purifies)

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Nichi e il suo popolo lontani dalla nomenclatura
di Curzio Maltese - da "La Repubblica" del 26/01/2010

Il ciclone Vendola ha travolto tutti. Da oggi il laboratorio pugliese, che avrebbe dovuto lanciare il nuovo centrosinistra alleato con i centristi, si rovescia nel laboratorio della crisi del Pd.

La festa e il dramma, evidenti da giorni, sono diventati reali alle 10 di sera, quando nel quartier generale di Vendola sono cominciati a piovere numeri come pietre sulle teste del gruppo dirigente democratico.

Ottanta a venti per Vendola su Francesco Boccia a Bari centro, 75 a 25 nella periferia di Japigia, 80 a 20 in provincia.

Subito dopo, le conferme perfino nelle "Stalingrado del dalemismo": le vittorie nel Salento, nei quartieri operai di Taranto, nel Foggiano, nel Brindisino.

A Gallipoli, città di D' Alema, vince addirittura con l' 85%.

Alle dieci e un quarto la sede del Pd è già deserta e la Fabbrica di Vendola esplode di gioia e di telecamere. Il compagno Nichi non resiste, esce dalla stanza dei fedelissimi. Cinque anni fa aveva dovuto aspettare l' alba per vincere di 1.600 voti su 80mila, oggi stravince in un plebiscito di 200mila.

In procinto di scoppiare nell' elegante principe di Galles, annuncia: «È fatta, è fatta!». Quasi gli saltano addosso, ma lui non perde la lucidità del politico. Capisce che una vittoria tanto clamorosa, al limite del problematico, gli nega il diritto d' infierire: «Ringrazio anzitutto gli elettori del partito democratico. S' è visto che io ero il loro candidato. Il torto di D' Alema sta nel non aver capito loro, non me. Ma da oggi io, più di chiunque altro, mi devo far carico delle incomprensioni passate. Perché ora dobbiamo vincere sul serio».

La notizia che il centrodestra può correre diviso, con il poco attraente candidato Rocco Palese e l' indipendente Poli Bortone, sostenuta dall' Udc, è la ciliegia sulla festa del compagno Nichi. «Se è così, possiamo farcela e anche bene», riesce ancora a dire prima di essere risucchiato da una festa che durerà fino all' alba.

È nata una stella nel panorama politico nazionale, la stella di Vendola, destinato forse a vincere altre partite oltre i confini della Puglia. E ne sono tramontate altre. Ma soprattutto una. Massimo D' Alema raccoglie la peggiore sconfitta in quasi quarant' anni di vita politica. Nella partita pugliese si era speso più di tutti, più di sempre. Neppure nel 2001, quando era in gioco il suo stesso seggio a Gallipoli, D' Alema aveva fatto tante telefonate, partecipato a tanti dibattiti televisivi, macinato chilometri e chilometri su e giù per il Tavoliere.

Accanto al pupillo Boccia fino all' ultimo. A costo di far rinviare la nomina al Copasir. A costo di fregarsene della par condicio per apparire con un implicito appello al voto a dodici ore da una consultazione popolare sullo schermo della tv pubblica, di Raitre, nel salotto di Fabio Fazio. Come non ha mai fatto neppure Berlusconi con le reti di proprietà.

Ma è stato tutto inutile, anzi controproducente. L' ex feudo gli ha voltato le spalle in massa, quasi con gioia. Sotto la maschera dell' ossequio forzato, è evidente, covava un largo rancore. E quando D' Alema ha messo da solo la testa nella trappola pugliese, a molti non è parso vero di soffiare nei corni della caccia alla volpe.

La Volpe del Tavoliere, come lo chiamava Luigi Pintor, è finita impagliata. Ma la sconfitta non è solo sua. Con il peso del carisma e dell' ostinazione, il leader ha trascinato con sé alla disfatta l' intero Partito democratico. Alla fine per combattere la battaglia dalemiana tutti hanno messo la faccia nella partita pugliese, e tutti l' hanno persa. Da Pierluigi Bersani a Dario Franceschini, passando per Enrico Letta.

Il laboratorio è scoppiato nelle mani dell' incauto scienziato, ma le schegge sono tutte conficcate nel corpaccione inerte del partito. La rivolta della base si è misurata qui in Puglia nei seggi, s' è vista nella notte di Bari con il pellegrinaggio da San Nichi di lunghe teorie di militanti, consiglieri, semplici elettori democratici. Di fronte a scelte o inesistenti o incomprensibili di un partito, come ha scritto Ilvo Diamanti, «senza fissa dimora».

L' elezione di Bersani era stata salutata con entusiasmo, ma poi il segretario è progressivamente sparito, delegando le scelte e la scena ad altri, oscurato dalle trame dell' asse di ferro D' Alema e di Casini. Che alla prima prova concreta si è rivelato un asse di vetro soffiato. La stessa mappa delle alleanze sulla quale il Pd bersanian-dalemiano ha costruito l' intero dibattito, la centralità dell' alleanza con l' Udc, risulta sconvolta.

Il Pd credeva di liquidare i conti col Vendola pugliese e ora si ritroverà a dover far i conti con Vendola leader nazionale, potenzialmente popolare quanto Casini e Di Pietro e forse perfino di più. Nel complesso, un bel guaio per Bersani. Tanto da far passare sottotraccia un altro disastro.

Il siluramento di Francesco Boccia, cui per la seconda volta è stato fatale l' abbraccio dalemiano, che doveva essere nelle intenzioni di Bersani il leader del ricambio generazionale. Ruolo per il quale il giovane professore aveva numeri e curriculum.

Non fosse per il limite, comune ai giovani del Pd, di non avere mai il coraggio di uccidere simbolicamente i padri. E neppure i padrini. La Puglia rimane in ogni caso laboratorio. Qui la partita del nuovo Pd è stata persa, ma da qui può cominciarne un' altra. Dipende da come il partitone e l' intero centrosinistra reagiranno alla batosta.

Le ipotesi sono due. Le stesse che circolavano fin da ieri notte.

Il primo film è «D' Alema 2, la vendetta». L' apparato dalemiano o quel che resta lavorano per la sconfitta di Vendola alle elezioni di marzo. In modo da confermare, a posteriori, la bontà della scelta del capo, pur non compresa dalla stolta base.

Il secondo film è «Bersani, l' avvento». Il segretario ufficiale del Pd decide di prendere in mano il disastro pugliese e di giocarsi fino in fondo la carta Vendola, che oggi appare l' unica vincente del centrosinistra nel Mezzogiorno, a parte la meno significativa Basilicata.

Sbagliare è umano, perseverare sarebbe a questo punto più patetico che diabolico.

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