"Così sono giunto al punto in cui tu pensi che il significato della vita consista nella sofferenza. E' caratteristica di tutta l'evoluzione moderna la predilezione per il dolore. Voler soffrire è ritenuta una concezione di vita più alta che non voler essere felici. Il motivo è chiaro: voler essere felici è naturale, voler soffrire non è naturale. E poi essere felici porta con sè quasi un dovere di gratitudine, anche se la mente è troppo imbrogliata per sapere bene chi si debba ringraziare: soffrire invece ci libera da questo e la vanità è più soddisfatta. La nostra epoca inoltre ha esperimentato in tanti modi la vanità della vita che non crede più alla gioia, e, tanto per avere qualche cosa in cui credere, crede al dolore. La gioia svanisce, si dice, e il dolore rimane; perciò chi costruisce la sua concezione di vita sul dolore la costruisce su una base sicura.
Se poi ti si chiede, con più precisione, che dolore tu intenda, sei intelligente abbastanza per evitar di parlare del dolore etico. Non è il pentimento che intendi: no, è il dolore estetico, è sopratutto il dolore riflesso. Questo ha la sua origine non nella colpa ma nella disgrazia, nell'influenza degli altri, ecc. Tutte cose che conosci molto bene dai romanzi. Se le leggi nei romanzi ne ridi, se senti gli altri parlarne, li schernisci; ma quando tu stesso le esponi hanno del significato e sono la verità.
Benchè la concezione che fa del dolore il significato della vita sia di per sè abbastanza triste, non posso fare a meno di mostrarti che è sconsolata da un lato che forse ti è inatteso. Ripeto, quello che ho detto anche prima: allo stesso modo in cui svanisce la gioia, svanisce anche il dolore. (...) Chi dice che il dolore è il significato della vita ha da temere la gioia al di fuori di sè, come chi vuole essere felice ha da temere il dolore al di fuori di sè. La gioia lo può sorprendere precisamente nello stesso modo in cui il dolore può sorprendere quell'altro. La sua concezione di vita è dunque legata a una condizione che non è in suo potere; infatti non è proprio in potere dell'uomo rinunciare alla gioia o al dolore. Ma ogni concezione che fa dipendere il senso della vita da qualcosa di esteriore è disperazione.
Così volere il dolore è disperazione proprio allo stesso modo che volere la gioia, perchè è sempre disperazione avere la propria vita in qualcosa il cui senso è quello di svanire. Sii pure astuto e perspicace quanto vuoi, scaccia pur la gioia con un aspetto piagnucoloso e, se lo preferisci, tradiscila col tuo aspetto per conservare il dolore, la gioia ti potrà sempre sorprendere. Il tempo divora i figli del tempo, ed un dolore come quello è il figlio del tempo, e la sua presunta eternità è solo un inganno."
da "Aut-aut" di Kierkegaard
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