domenica 8 novembre 2009

Beata (utile) ignoranza

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(...) la conoscenza del diritto, la comprensione del diritto è irrilevante per il singolo. Al contrario, come diceva Luhmann, la non-conoscenza del diritto si rivela razionale oltre ad essere consigliabile. Così come è implausibile pensare che una raccolta di conoscenza giuridica possa permettere di rendere ordinata, prevedibile o calcolabile la propria condotta di vita, allo stesso modo è implausibile pensare che la conoscenza o la comprensione possa essere in qualche modo raccordata ad un comportamento conforme al diritto o all'aspettativa di un comportamento conforme. D'altra parte il diritto presuppone comunque la conoscenza del diritto e quindi è immunizzato contro la non-conoscenza. Basta pensare quale avrebbe potuto essere l'evoluzione del diritto se non avesse operato questa presupposizione.
Il diritto sta lì. Ciascuno può verificare la consistenza delle proprie aspettative normative: ciascuno può controllare il suo sapere sul diritto prima di agire informandosi sul contenuto di senso del diritto scritto e valutando come manipolare l'agire nel proprio interesse. Ma l'agire si dispiega normalmente sulla base di una fiducia sommaria nella tollerabilità del proprio comportamento che si giustifica anche nel caso di una consapevole devianza.

Il diritto (e più che il diritto, la politica) utilizza questo affidarsi dell'agire all'ignoto, questa fiducia nel reperimento di contenuti di senso che continuamente ricollocano l'agire nella prospetiva di un agire nel diritto.

Norme possono essere trasformate, il diritto dei giudici può disegnare nuovi percorsi, devianze possono essere normalizzate, l'agire può essere ulteriormente condizionato senza che si producano catastrofi delle conoscenze acquisite.
O meglio: senza che i singolo si diano conto di ciò che accade. In realtà si rafforza solo l'aspettativa che comunque il diritto sia prodotto in base al diritto e che in futuro l'attuale differenza tra diritto e testo sia sostituita da un'altra differenza tra diritto e testo. Non solo è necessario il non-sapere del diritto; esso è anche razionale: chiarezza e precisione, brevità e univocità del linguaggio lasciano solo trasparire la trivialità del diritto. Il suo paradosso resta sempre coperto.

da "Temi di filosofia del diritto" di Raffaele De Giorgi

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