martedì 17 novembre 2009

Pensieri erraBondi

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Da tenero poeta a castigamatti - La parabola di Sandro , l' ex buono
di Filippo Ceccarelli - da La Repubblica del 14/11/2009

Di solito si tende a sottovalutare l'effetto del potere sulle persone. Con tale innocua premessa, tanto più in un'epoca nella quale spesso e volentieri gli aspetti umani prevaricano la politica, la notizia è che il ministro Bondi sembra di colpo diventato cattivo. Molto cattivo: e l'articolo sul Foglio di ieri, con quella impalcatura tardo-ideologica montata ad arte per collocarvi poi offese generali e personalizzatissimi risentimenti, ne rappresenta la più disagevole conferma.

A volersi dimostrare altrettanto cattivi, cosa abbastanza facile, e anche senza infierire su quell'altro sintomo rivelatore che negli uomini mutati dal comando è l'ipertrofia dell'ego - "E invece io", "e intanto io" - l'immagine che si fa largo leggendo e rileggendo l'intemerata bondiana contro Vittoria Mezzogiorno e Massimo Ranieri è quella di un celebre film: "Fracchia la belva umana".

Ma l'auspicio e anzi la speranza è che, proprio perché ministro, il mite e tenero Bondi smetta di ruggire e riacquisti al più presto quel suo sorriso malinconico che accompagna "la mia persona", dice lui, anche quando versa lacrime alla scuola quadri di Gubbio, o davanti alla tomba terremotata di Celestino V.

Ma di recente si è anche commosso, il titolare dei Beni Culturali, quando la concorrente Daniela ha dovuto abbandonare la casa del Grande Fratello 7 o 8. Forse davvero un caso di antagonismo mimetico.

Vai a sapere quale diavolo l'ha cambiato fino al punto di mancare di rispetto con Napolitano: cercava la Bellezza, Bondi, tendeva la mano al professor Asor Rosa, si addolorava per un giornalismo "che si alimenta dell'odio", invocava buone notizie dai tg. E siccome bene o male apparteneva alla sfera dei potenti si raccontava e ri-raccontava piccolo emigrante, e ballava il liscio davanti ai fotografi, felice come un bimbo, e aveva così tanta paura di volare che l'Alitalia gli fece perfino un training; e anche dal dentista non voleva andare, e s'innamorava di una commessa della Camera, e sudava - oh, quanto sudava, notò un giorno il Cavaliere - quando c'era la Brambilla.

Un altro giorno, era il 2006, entrò pure in sciopero della fame: contro la legge Gentiloni, che peraltro non aveva alcuna probabilità di essere approvata, ma Bondi smise lo stesso di mangiare e fu ricoverato all'ospedale di Lucera (Fg), patria di Bonghi, Salandra e Gaetano Gifuni.

Ecco. Dov'è più il delicato poeta che scriveva "per colmare la lontananza di mia moglie e di mio figlio"? Che crudeltà sfogliare i rotocalchi con il senno di poi. C'è un servizio di Oggi , un servizio niente affatto ironico, in cui egli compare pensieroso, con il taccuino e la penna d'oca in mano, sotto un busto di Dante Alighieri, all'aperto. Scriveva affettuosi e morbidi versi, per la commessa e per la dentista, per Veltroni e Bibi Ballandi, ma la vena più impetuosa, ardente, idolatrica, misticheggiante, scorreva innanzitutto per Lui, e quindi per i Suoi, come dimostrano i componimenti per mamma Rosa, Veronica, la mitica segretaria Marinella, e poi per Letta e Dell'Utri, rimpinzati di maiuscole nella lectura Bondis.

In un quadro di riemersioni arcaiche nell'ambito del potere, nessuno più dell'ex mite ministro ha contribuito al pieno ripristino dell'agiografia, dell'apologetica e della poesia encomiastica, appunto, e cortigiana. Mentre il saggio "Il sole in tasca" (Mondadori) vira piuttosto verso la teologia del potere, con le dovute implicazioni di messianismo, trascendenza e predestinazione. Sul tutto, foto del Cavaliere in cornice d'argento girate opportunamente verso il visitatore e le telecamere; comunicati che cominciano "Grazie, presidente Berlusconi"; e così vistosa e insistita gratitudine al momento del giuramento da indurre il neo presidente del Consiglio a congedare Bondi con un segno della mano, ecco, sì, va bene, basta così, vai, vai.

Anche per questo ieri si restava sgomenti nel leggere quegli insulti di servilismo distribuiti con tanta disinvoltura ai "commedianti ". Ma come? C'è un libro, niente affatto antiberlusconiano, in cui lui stesso racconta come un giorno, su convocazione giunta alle due del pomeriggio, si è presentato a palazzo per fare da quattordicesimo commensale - e aveva già pranzato. Perché qui le idealità si saranno pure smarrite, e a nessuno piace fare lo psicologo: però proiettare ciò che si ha dentro sul prossimo si può anche capire. Ma buttarglielo addosso dall'alto pare veramente un po' troppo.

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