
A Dostoevskij manca il paesaggio, manca il riposo. Il suo cosmo non è il mondo, ma solo l'uomo. Egli è sordo per la musica, cieco per la pittura, insensibile al paesaggio: egli paga la sua infinita, la sua incomparabile conoscenza degli uomini con una straordinaria indifferenza per la natura e per l'arte...
Il suo Dio vive unicamente nell'anima, non nelle cose; gli manca quel prezioso granello di panteismo che rende tanto benefiche, tanto liberatrici le opere tedesche e quelle elleniche. Le opere di D. si svolgono tutte in stanze mal arieggiate, in strade grige di fumo, in bettole torbide, v'è sempre una greve aria umana, troppo umana che non viene agitata e purificata dal vento dei cieli e dall'imperversare delle stagioni.
Si cerchi un po' di ricordare in quale stagione, in quale paesaggio si svolgono le sue grandi opere, Raskòl'nikov, l' Idiota, i Karamazov, l'Adolescente. E' d' estate, di primavera o d' autunno? Forse è stato detto, ma noi non lo sentiamo. Non lo sentiamo nè col respiro, nè col gusto, nè col tatto, noi non lo viviamo. Si svolgono tutte in qualche punto buio del cuore, illuminato a tratti dai lampi della comprensione...
da "Tre maestri: Balzac, Dickens, Dostoevskij" di Stefan Zweig
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