
(...) la teoria odierna della guerra giusta mira proprio alla discriminazione dell'avversario in quanto artefice di una guerra ingiusta. La guerra stessa diviene un crimine nel senso penalistico del termine. L'aggressore viene definito criminale nel peggiore significato del termine, ed è posto outlaw come un pirata. Ma il torto dell'aggressione e dell'aggressore non risiede in una colpa materialmente e realmente determinabile come colpa di guerra nel senso di causa del conflitto, ma nel crime de l'attacque, nell'aggressione in quanto tale.
Chi spara il primo colpo o compie uno degli altri atti orrispondenti è l'autore di questo nuovo delitto. Il problema della justa causa rimane al di fuori di tale ambito di determinazione concettuale. Già è per questo motivo che la distinzione moderna tra guerra giusta e guerra ingiusta non ha una relazione interna con la dottrina scolastica medioevale e con Vitoria.
Quest'ultimo è a conoscenza, come lo è l'intera dottrina medioevale, di un bellum justum offensivum. Egli è altresì cosciente del carattere dubbio dell'intera dottrina, ed è sufficiente riflettere attentamente solo una volta sui cinque dubia circa bellum justum e sui nove dubia "quantum liceat in bello justo" presenti nella sua Relectio de jure belli per comprendere che il grande progresso del diritto internazionale interstatale europeo consiste nell'aver sostituito la dottrina della justa causa con quella dell'eguaglianza giuridica di entrambi gli justi hostes. Forse che oggi questa acquisizione deve essere semplicemente abbandonata? Non è così semplice, dopo un processo di razionalizzazione delle relazioni intestatali durato vari secoli, tornare a una dottrina prestatale.
(...)
Se oggi alcune formule relative alla dottrina della guerra giusta - dottrina che è radicata nell'ordo istituzionale della respublica christiana medioevale - vengono adoperate nel contesto di costruzioni concettuali moderne e globali, ciò indica un regresso, quanto la trasformazione fondamentale subita dai concetti di nemico, guerra, ordo concreto e giustizia, presupposti dalla dottrina medioevale.
Per i teologi scolastici anche la guerra ingiusta rimaneva pur sempre una guerra, e il fatto che una delle parti belligeranti conducesse una guerra giusta e l'altra una guerra ingiusta non eliminava il concetto stesso di guerra. D'altra parte è sempre implicita nella giustizia di una guerra, nella misura in cui quest'ultima si richiama alla justa causa, la tendenza latente a discriminare l'avversario ingiusto, e quindi l'eliminazione della guerra in quanto istituto giuridico.
La guerra diventa allora facilmente mera azione a carattere punitivo, la quale fa ben presto dimenticare i numerosi e seri dubia della dottrina del bellum justum. Il nemico diventa semplicemente un criminale e il passo successivo - vale a dire la privazione dell'avversario dei suoi diritti e la sua depredazione, ovvero la distruzione del concetto formale di nemico, che presupponeva ancora l'idea di uno justus hostis - si compie allora praticamente da sé.
"Princeps qui habet bellum justum fit judex hostuim" afferma Vitoria. E già in Cajetano si dice perfino: "Habens bellum justum gerit personam judicis criminaliter procedentis". Ma anche se si parla in questo modo del carattere punitivo della guerra giusta, non si deve vedere in ciò il segno di concezioni mdoerne della giustizia penale, o addirittura di odierne azioni di polizia criminale, magari nel senso del moderno diritto penale, che ormai altro non è che disinfestazione del socialmente nocivo.
In altre parole: la dottrina della guerra giusta nel senso della justa causa belli non aveva ancora prodotto il venire meno del concetto di guerra in generale e la trasformazione dell'azione bellica in semplice azione di giustizia o di polizia di tipo moderno. Ciò non era possibile, se non altro perchè all'epoca del diritto feudale di faidea e e del diritto cetuale di resistenza una giustizia o una polizia statale centralizzata nel senso odierno non esistevano.
(...) per Vitoria la guerra - come del resto per tutta la dottrina medioevale - nonostante il suo "carattere punitivo" la guerra resta ancora guerra per entrambe le parti. Nemmeno a una guerra giusta, condotta da principi cristiani contro principi e popoli non cristiani, Vitoria disconosce il carattere di vera guerra, nella quale l'avversario è considerato senza dubbio nella sostanza come justus hostis.
Nella concezione moderna e discriminante della guerra la distinzione tra giustizia e ingiustizia della guerra consiste invece poprio nel fatto che il nemico non è più considerato justus hostis, ma criminale. La guerra cessa pertanto di essere un concetto diritto internazionale benchè non cessino affatto in essa le uccisioni, le depredazioni e l'annientamento ma siano addirittura accresciuti da nuovi moderni mezzi d'annientamento.
(...) l'avversario non può più, dall'altra parte, essere justus hostis. Contro di lui non viene più condotta una guerra, e nemmeno una guerra come quella contro i pirati, i quali sono nemici in un senso del tutto diverso da quello degli avversari bellici del diritto internazionale europeo.
Egli ha perpetrato un crimine nel senso penalistico del termine: il crimine dell'attacco, le crime de l'attaque. L'azione contro di lui è di conseguenza tanto poco guerra quanto lo è l'azione della polizia statale contro un gangster: è semplice esecuzione e infine - in seguito alla moderna trasformazione del diritto penale in disinfestazione sociale - soltanto provvedimento contro un elemento nocivo o di distuirbo, contro un perturbateur, che può essere reso innocuo ricorrendo a tutti i mezzi della tecnica moderna, ad esempio mediante un police bombing. La guerra è così eliminata, ma solo perchè i nemici non si riconoscono più reciprocamente sul medesimo piano morale e giuridico.
da "Il nomos della terra" di Carl Schmitt
Nessun commento:
Posta un commento