sabato 12 dicembre 2009

Schmitt e il positivismo

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Il moderno positivismo "dell'atto di posizione" fu la creazione di giuristi disillusi, il cui atteggiamento spirituale - dopo le delusioni politiche del 1848 - tradiva la completa sottomissione alle pretese egemoniche delle scienze naturali, alla pretesa di progresso dello sviluppo tecnico industriale e alla nuova pretesa di legittimità della rivoluzione. I giuristi non si erano accorti, nel quadro nichilistico del loro tempo, che gli atti di posizione finivano per diventare disgregazioni, e non avevano nemmeno notato - malgrado l'ammonimento di Savigny - fino a che punto il loro preteso positivismo legale li avrebbe condotti a porre in dubbio le loro stesse premesse storiche, intellettuali e professionali.

La legge si riduceva, di conseguenza, ad atto di posizione rivolto all' apparato statale che lo applica con "possibilità di costrizione all'obbedienza". "Legge" e "provvedimento" non si potevano più distinguere tra loro. Ogni comando pubblico o segreto, purchè esegito all'interno dell'apparato statale, poteva essere chiamato legge; la sua possibilità di costringere all' obbedienza non era minore, ed anzi era forse maggiore di quella delle statuizioni acclamate e proclamate dopo lunghi dibattiti del tutto pubblici.

Da una simile filosofia del diritto non venne alcun aiuto terminologico o concettuale al fine di tradurre adeguatamente il termine nomos.

(...)

La differenziazione tra atti costituenti e istituzioni costituite, l'opposizione di ordo ordinans e ordo ordinatus, pouvoir constituant e pouvoir constitué, è in sé universalmente riconosciuta e ricorrente. I giuristi di dirtto positivo, ovvero di diritto costituito e posto, si sono tuttavia in ogni epoca abituati a considerare soltanto l'ordinamento esistente e i processi all'interno di esso, cioè soltanto l'ambito di ciò che è già stabilmente ordinato e costituito, in particolare solo il sistema di una determinata legalità statale. Essi rifiutano volentieri, come non giuridica, la questione dei proessi di fondazione dell'ordinamento, ritenendo sensato ricondurre ogni legalità alla costituzione o alla volontà dello Stato inteso come persona.

Alla questione ulteriore della provenienza di questa costituzione e delle origini di questo stato, essi si limitano a rispondere che entrambe, la genesi di una costituzione e le origini di uno stato, sono meri dati di fatto.

Tutto ciò possiede, in tempi di non problematica sicurezza, un certo suo significato pratico, sopratutto se si pensa che la moderna legalità è in primo luogo il modo di funzionamento della burocrazia statale. Quest'ultima non si interessa del diritto della propria origine, ma solo della legge del proprio funzionamento.

Ma anche la dottrina dei processi costitutivi e delle forme in cui il potere costituente si manifesta fa parte della problematica giuridica. Vi sono infatti più tipi di diritto. Non vi è soltanto la legalità statale, ma anche il diritto pre-, extra- e inter- statale.

In particolare, per quanto riguarda il diritto internazionale, vi sono in ogni capitolo della storia esempi di imperi, paesi e popoli i quali sviluppano i più svariati ordinamenti della propria coesistenza, la cui componente più importante è sempre rappresentata dai princìpi e dai procedimenti di mutamento territoriale, tanto di dititto pubblico quanto di diritto privato.

da "Il nomos della terra" di Carl Schmitt

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