martedì 28 aprile 2009

Stato d'eccezione

Un paese senza nome. Una città senza nome. Delle normali elezioni amministrative. Ma qualcosa non va per il verso giusto. La gente non va al mare, non diserta i seggi. Vota, ma vota scheda bianca. Un gesto rivoluzionario, una congiura anarchica, una provocazione di gruppi estremisti? Si ventila infine l' ipotesi che debba esservi un nesso fra la "rivolta delle schede bianche" e l'epidemia di cecità dilagata per un certo tempo quattro anni addietro.

"La frase prediletta del ministro della difesa, Una bomba di profondità lanciata contro il sistema, parzialmente ispirata all'indimenticabile esperienza di una storica passeggiata sottomarina di mezz'ora in acque calme, cominciò ad acquistare forza e ad attirare le attenzioni quando i piani del ministro interno, nonostante qualche sporadico piccolo successo ottenuto, ma senza significato apprezzabile nell'insieme della situazione, si rivelarono impotenti per arrivare all'essenziale, cioè, persuadere gli abitanti della città o, con maggior precisione denominativa, i degenerati, i delinquenti, i sovversivi della scheda bianca, a riconoscere i propri errori e implorare misericordia, al pari della penitenza, di una nuova tornata elettorale alla quale, nel momento designato, sarebbero accorso in massa a purgare i peccati di un delirio che avrebbero giurato di non ripetere mai più.

Era ormai divenuta evidente a tutto il governo, a eccezione dei ministri della giustizia e della cultura, un tantino dubbiosi, la necessità urgente di dare un nuovo giro di vite alla chiavarda, tanto più che la dichiarazione dello stato di eccezione, da cui tanto ci si aspettava, non aveva prodotto alcun effetto percettibile nel senso auspicato in quanto, non avendo i cittadini di questo paese la salutare abitudine di esigere il regolare rispetto dei diritti che la costituzione concedeva loro, era logico, anzi, era naturale che non fossero arrivati a rendersi conto che glieli avevano sospesi. Si imponeva, di conseguenza, l'adozione di uno stato d'assedio sul serio, che non fosse tanto così per fare, ma con un bel coprifuoco, chiusura delle sale di spettacolo, pattugliamento intensivo delle strade da parte delle forze armate, proibizione di assembramenti con più di cinque persone, interdizione assoluta di entrare e uscire dalla città..."

"(...) il ministro della difesa voleva trionfare nella battaglia semasiologica, C'è un altro modo di intendere le cose (...), Che gli abitanti della capitale, nello scatenare la ribellione, suppongo di non esagerare definendo ribellione ciò che sta accadendo, sono stati proprio perciò giustamente assediati, o accerchiati, o circondati, scelga pure il termine che più le piace, per me è del tutto indifferente, Chiedo il permesso di rammentare al nostro caro collega e al consiglio, disse il ministro della giustizia, che i cittadini che hanno deciso di votare scheda bianca non hanno fatto altro che esercitare un diritto che la legge esplicitamente riconosce loro, dunque, parlare di ribellione in un caso come questo, oltre a essere, come immagino, una grave scorrettezza semantica, spero vogliate scusarmi se mi addentro in un terreno in cui non sono competente, è anche, dal punto di vista legale, un totale sproposito, I diritti non sono astrazioni, rispose il ministro della difesa seccamente, i diritti o si meritano o non si meritano, e loro non li hanno meritati, il resto sono chiacchere, Ha perfettamente ragione, disse il ministro della cultura, in effetti i diritti non sono astrazioni, hanno un'esistenza persino quando non sono rispettati..."

domenica 26 aprile 2009

Di democrazia, tirannide e altre inarrivabili Tocquevillate

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Vecchi nomi per nuove oppressioni...

"I governi democratici potranno diventare violenti e crudeli in certi momenti di grande effervescenza e di grandi pericoli: ma queste crisi saranno rare e fugaci. Quando penso alle piccole passioni dei nostri contemporanei, alla fiacchezza dei loro costumi, all'estensione della loro istruzione, alla purezza della loro religione, alla dolcezza della loro etica, alle loro abitudini laboriose ed ordinate, al contegno che conservano quasi tutti tra i vizi come nella virtù, mi convinco che essi troveranno nei loro capi dei tutori e non dei tiranni.

Penso, dunque, che il tipo di oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà in nulla al dispotismo del passato, e i nostri contemporanei non riuscirebbero a trovarne l'immagine nei loro ricordi. Ed io stesso cerco invano un' espressione che riproduca e racchiuda l' idea che me ne sono fatta: i termini abusati di tirannide e di dispotismo non sono più adatti. La cosa è nuova: e poichè non posso darle un nome, è necessario che ne dia almeno una definizione.

Quando provo ad immaginare in quale sembiante il dispotismo apparirà nel mondo, vedo una folla immensa di uomini, tutti simili ed uguali, che girano senza posa su se stessi per procurarsi piaceri minuti e volgari di cui nutrono la loro anima. Ognuno di essi, considerato a sè, è come estraneo al destino di tutti gli altri: i figli e gli amici più vicini esauriscono per lui l'intera razza umana, e quanto al resto dei suoi concittadini egli è loro accanto ma non li vede, li tocca ma non li sente. L'uomo vive solo in se stesso e per se stesso: e se è vero che gli resta ancora una famiglia, è, altresì vero che non ha più una patria.

Al di sopra di tutti questi si leva un potere immenso e provvidenziale, che si preoccupa da solo di garantire i loro piaceri e che veglia sulla loro sorte: un potere assoluto, insinuante, regolatore, preveggente e tollerabile. Se esso si proponesse il compito di preparare gli uomini all'età virile, potrebbe rassomigliare alla potestà paterna; ma al contrario, cerca di fissarli irrevocabilmente all'infanzia e preferisce che i cittadini godano, purchè non pensino ad altro. Questo potere provvede al loro benessere, ma esige di esserne il solo arbitro e l'unico agente; garantisce sicurezza, prevede e soddisfa i bisogni, agevola i piaceri, dirige gli affari più importanti e le industrie, regola le successioni e divide le eredità: non può forse togliere anche la preoccupazione di pensare e la pena di vivere?

E' a questo modo che esso rende ogni giorno meno utile e più raro l'uso del libero arbitrio, chiude l'azione della volontà in uno spazio sempre più ristretto, sottrae a poco a poco ogni cittadino a se stesso. L'uguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a soffrirle e spesso a considerarle persino un vantaggio.

Dopo aver preso, ad uno ad uno, ogni cittadino nelle sue spire poderose ed averlo forgiato a suo libito, il potere sovrano protende la sua ombra sulla società nel suo insieme, la copre in tutta la sua estensione di una tela di ragno di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali le menti più originali e le anime più vigorose non riuscirebbero mai a passare, per staccarsi dalla folla. Esso non spezza le volontà, ma le ammorbidisce, le piega e le dirige."

Governati e governanti

"E' difficile immaginare che uomini che abbiano rinunciato del tutto all'abitudine di decidere per le loro cose possano riuscire a scegliere bene quelli che devono governarli.
E sarà ancor più difficile dare ad intendere che un governo liberale, saggio ed energico possa essere espresso dai suffragi di un popolo di servi. Ho sempre pensato che una costituzione repubblicana nella testa ed ultramonarchica in tutte le altre parti è un mostro effimero: i difetti dei governanti e l'imbecillità dei governati la condurrebbero presto alla rovina, il popolo, stanco dei suoi rappresentanti e di se stesso, creerebbe da sè istituzioni più libere o tornerebbe a prostrarsi ai piedi di un despota."

Il germe del dispotismo democratico

"Credo che sia più facile stabilire un governo assoluto e dispotico in una nazione democratica che presso qualsiasi altra; e credo anche che se un tal governo prendesse piede in un simile paese non solo opprimerebbe gli uomini, ma, a lungo andare, toglierebbe loro anche molte delle principali caratteristiche dell'umanità.
Il dispotismo mi sembra, dunque, temibile specialmente nei secoli democratici: per questo io, che avrei amato la libertà in ogni epoca, sento di adorarla nel nostro tempo.
(...)
E' (...) necessario e desiderabile insieme che il potere centrale, che dirige un potere democratico, sia attivo e potente. Il problema non è di renderlo debole o indolente, ma soltanto di impedirgli di abusare della sua agilità e della sua forza.
Ciò che contribuiva di più a garantire la libertà degli individui nei secoli aristocratici era che il sovrano non governava o amministrava da solo, ma era costretto a lasciare una parte di questa funzione ai membri dell'aristocrazia, di guisa che il potere, restando sempre diviso, non pesava mai tutto intero e allo stesso modo su ogni individuo. E non solo il sovrano non faceva tutto da sè, ma la maggior parte dei suoi funzionari che agivano in suo luogo, per il fatto stesso che traevano il proprio potere dalla nascita, non dipendevano interamente da lui. Egli non poteva crearli o distruggerli a suo piacere o piegarli tutti uniformemente alle sue minime volontà: e ciò garantiva ulteriormente la libertà individuale.
So bene che non si può oggi far ricorso agli stessi sistemi: ma esistono processi democratici che li sostituiscono egregiamente. Invece di confidare al potere centrale soltanto tutti i poteri amministrativi, tolti alle corporazioni o ai nobili, si può affidarne una parte a dei corpi secondari, formati di semplici cittadini: a questo modo la libertà degli individui sarebbe più sicura, senza far torto all'uguaglianza..."

Checks and balances

"Un'associazione politica, industriale, commerciale o anche scientifica e letteraria è un cittadino illuminato e potente, che non si può piegare a volontà o opprimere nell'ombra, e che, difendendo i suoi diritti contro le esigenze del potere, salva le libertà comuni.
(...)
L'uguaglianza isola ed indebolisce gli uomini, ma la stampa pone a disposizione di ciascuno di essi un'arma potentissima, di cui può servirsi anche il più debole ed isolato. L'uguaglianza toglie ad ogni individuo l'appoggio dei suoi simili: ma la stampa gli permette di chiamare in aiuto tutti i suoi concittadini... La stampa è, per antonomasia, lo strumento democratico della libertà.
Qualcosa di analogo si può dire del potere giudiziario. E' proprio del potere giudiziario occuparsi di interessi particolari e di volgersi volentieri verso piccole questioni che gli vengono sottoposte. E' inoltre proprio di questo potere non accorrere spontaneamente in aiuto degli oppressi, ma essere sempre a disposizione del più umile di questi. Costui, per debole che sia, può sempre forzare il giudice ad ascoltare le sue ragioni ed a provvedere: ciò deriva dalla istituzione stessa del potere giudiziario. Un tal potere è dunque particolarmente necessario alla tutela della libertà in un'epoca in cui l'occhio e la mano del sovrano s'introducono senza posa nei minimi particolari delle azioni umane, ed in cui i singoli, troppo deboli, per proteggersi da sè, sono anche troppo isolati per poter contare sul soccorso dei loro simili. La forza dei tribunali è stata in ogni tempo la più grande garanzia dell'indipendenza individuale; ma ciò che è vero sopratutto nei secoli democratici: i diritti e gli interessi individuali vi sono sempre in pericolo, se il potere giudiziario non si rafforza e s'estende a misura che l'uguaglianza avanza."

Le forme invise e la libertà

"L'eguaglianza suggerisce agli uomini molte tendenze particolarmente dannose per la libertà, sulle quali il legislatore deve tenere gli occhi bene aperti. Non ne conterò che le principali. Gli uomini che vivono nei secoli democratici non capiscono facilmente l'utilità delle forme; essi provano per esse un disdegno istintivo. Ne ho già analizzato le ragioni. Le forme eccitano il disprezzo e spesso il loro odio. Poichè di solito non aspirano che a dei godimenti immediati e facili, essi si slanciano impetuosamente verso l'oggetto dei loro desideri; il minimo ritardo li esaspera. Questo temperamento, che trasferiscono nella vita politica, li rende indisponibili verso le forme che li ritardano o li arrestano giorno dopo giorno in qualch'uno dei loro programmi. Il difetto che gli uomini delle età di democrazia assimilano alle forme è pertanto ciò che rende queste ultime tanto utili alla libertà, poichè il loro merito principale è quello di servire da barriera tra il forte e il debole, tra il governante e il governato, di rendere più lento l'uno e di dare all'altro il tempo di prendere coscienza di sè.
Le forme sono tanto più necessarie quanto più il sovrano è attivo e potente, e quanto più i singoli privati diventano più indolenti e deboli. Così i popoli democratici hanno naturalmente più bisogno di forme degli altri popoli, e naturalmente le rispettano meno.
(...)
Quando una qualsiasi nazione ha cambiato in poco tempo, i capi, le opinioni e le leggi, gli uomini che la compongono finiscono per contrarre il gusto del cambiamento e ad abituarsi al fatto che tutti i movimenti si effettuano rapidamente con l'aiuto della forza. Essi concepiscono allora il disprezzo per le forme, di cui vedono ogni giorno l'impotenza, e non tollerano che con impazienza il comando della norma, che tanto spesso si è vista violata. Poichè le più elementari nozioni di equità e di morale non sono più sufficienti a spiegare e a giustificare tutte le innovazioni che la rivoluzione porta alla luce, ci si richiama al principio dell'utilità sociale, si crea il dogma dell'utilità politica, e ci si adatta volentieri a sacrificare senza scrupoli gli interessi individuali e a schiacciare sotto i piedi i diritti individuali, in vista di raggiungere più speditamente lo scopo generale che ci si propone."

Libertà, uguaglianza, responsabilità

"Non ignoro che parecchi miei contemporanei pensano che i popoli non sono mai padroni di se stessi su questa terra, che essi obbediscono di necessità a non so quale forza insormontabile e inintelligente, che nasce da avvenimenti anteriori alle vicende di oggi: la razza, il suolo, il clima.
Queste sono dottrine false e vili, che possono produrre solo uomini deboli e nazioni pusillanimi. La provvidenza non ha fatto l'uomo nè completamente libero nè completamente schiavo: essa traccia, è ben vero, intorno ad ogni individuo un circolo, dal quale questi non può uscire: ma nei vasti confini di tale circolo gli uomini sono liberi e possenti. Nella nostra epoca non si può contrastare l'uguaglianza delle condizioni: dipende dagli uomini, tuttavia, che l'uguaglianza li porti alla schiavitù o alla libertà, alla barbarie o alla civiltà, alla miseria o al benessere."

sabato 11 aprile 2009

Tocqueville... More and more...

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Cultura politica

"Sono ben lungi dal credere, come molti in Europa credono, che sia sufficiente insegnare agli uomini a leggere e a scrivere per farne, miracolosamente, dei cittadini. La cultura politica autentica nasce dall'esperienza; e se gli americani non si fossero a poco a poco abituati a governarsi da sè, le conoscenze che sono loro impartite non riuscirebbero molto utili ad un tal fine... E' partecipando all'attività legislativa che l'americano impara a conoscere le leggi; è governandosi che egli diventa esperto dei problemi di governo. L'opera immensa della società si compie ogni giorno sotto i suoi occhi e per così dire tra le sue mani."

Profezie sorprendenti

"Esistono oggi sulla terra due grandi popoli i quali, partiti da origini diverse, sembrano avanzare verso la medesima meta: si tratta dei Russi e degli Anglo-Americani. Ambedue sono cresciuti nell'oscurità; e mentre l'attenzione dell'umanità era volta altrove, essi sono passati improvvisamente davanti alle altre nazioni, e il loro mondo si è reso conto, simultaneamente, della loro nascita e della loro grandezza.

Tutti gli altri popoli parevano avere attinto tutte le risorse che la natura aveva loro concesso e di non dover far altro che conservarle: quei due grandi popoli sono invece in crescita: tutti gli altri sono fermi e avanzano solo a costo di grandi sforzi; essi soltanto avanzano con passo spedito e veloce su un cammino il cui traguardo è ancora celato alla vista. L'Americano lotta contro gli ostacoli che la natura gli oppone; il Russo è alle prese con gli uomini. L'uno combatte il deserto e la barbarie, l'altro la civiltà ricca di tutte le sue difese: così le conquiste dell'Americano si fanno con l'aratro dell'agricoltore, quelle dei Russi con la spada del soldato.

Per raggiungere il suo scopo, il primo si appoggia sull'interesse personale e lascia agire, senza condizionarla, la forza e la ragione degli individui. Il secondo concentra, in qualche modo, in un solo uomo tutta la potenza della società. L'uno ha come principale strumento d'azione la libertà: l'altro la schiavitù.

Il loro punto di partenza è diverso, le loro strade sono diverse; pur tuttavia questi due popoli sembrano chiamati, per un nascosto disegno della provvidenza, a trattenere un giorno nelle loro mani i destini della metà del mondo."

Val più la pratica?

"Gli uomini che vivono nelle società democratiche non soltanto si dedicano difficilmente alla meditazione, ma sono naturalmente portati a stimarla poco. L'assetto sociale e le istituzioni democratiche portano la maggior parte degli uomini ad impegnarsi costantemente nell'azione; inoltre, l'applicazione intellettuale richiesta dall'azione non è sempre compatibile con quella richiesta dalla riflessione. L'uomo d'azione si accontenta del pressapoco, dato che egli non raggiungerebbe mai il compimento del suo progetto se si fermasse ai dettagli. Egli deve basarsi costantemente su idee che non ha avuto tempo d'approfondire, dato che dell' idea degli sfrutta preminentemente l'opportunità piuttosto che la rigorosa esattezza; al limite, egli corre rischi minori, ricorrendo a qualche principio non verificato fino in fondo che a perdere il suo tempo nello stabilire definitivamente la verità di tutti i suoi principi. Il mondo non si controlla con lunghe e dotte dimostrazioni.

Sono la visione sintetica di un fatto particolare, lo studio giornaliero delle mutevoli fasi passionali della folla, il caso fortuito e l'abilità nell'afferrarlo che decidono di ogni evenienza. Nei periodi in cui regna l'azione, si è dunque portati, generalmente, a dare un'importanza eccessiva agli slanci repentini e alle applicazioni superficiali dell'intelligenza e, al contrario, a sottovalutare oltre misura il suo lavoro profondo e lento."

Dispotismi

"Il dispotismo che, per sua natura, è diffidente, vede nell'isolamento degli uomini la garanzia più sicura della propria durata e, di solito, fa di tutto per tenerli isolati. Non vi è altro vizio del cuore umano che gli sia più gradito dell'egoismo: un despota perdona facilmente ai governati la loro indifferenza verso di lui, a patto che essi non siano legati tra di loro da dei sentimenti d'affetto. Egli non chiede loro di aiutarlo a guidare lo Stato; è sufficiente che essi non pretendano di condurlo da soli. Egli definisce spiriti turbolenti e inquieti coloro che pretendono di unire i loro sforzi al fine di creare un benessere generale e, alterando il significato primo delle parole, egli definisce cittadini modello colore i quali si rinchiudono ermeticamente in se stessi. In tal modo, i vizi che fa nascere il dispotismo sono esattamente quelli dell'uguaglianza che favorisce.

Gli uomini dei tempi di democrazia hanno bisogno d'essere liberi, per procurarsi con più facilità i piaceri materiali che inseguono senza sosta. Capita talvolta, tuttavia, che la sete smodata, che essi provano per quei godimenti li metta alla mercè del primo padrone che si presenta. La smania per il benessere si ritorce allora contro se stessa e allontana, senza rendersene conto, l'oggetto dei propri desideri. Esiste effettivamente un passaggio irto di pericoli nella vita dei popoli democratici.

Quando la smania per i godimenti materiali si viene sviluppando presso uno di questi popoli più rapidamente della cultura e dell'assuefazione alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini sono stravolti e come fuori di sè alla vista di quei beni nuovi, che sono pronti ad afferrare. Preoccupati soltanto di far fortuna, non si rendono conto dell'esistenza dello stretto legame che unisce la fortuna individuale di ciascuno di loro alla prosperità di tutti. Non è necessario strappare a questi cittadini i diritti che possiedono; se li lasciano sfuggire da soli. L'esercizio dei loro doveri politici appare ai loro occhi come un contrattempo tedioso che li distoglie dai loro traffici. Vuoi che si tratti di scegliere i propri rappresentanti, di dare man forte all'autorità o di gestire in comune la cosa pubblica, il tempo manca loro; essi non sarebbero mai disposti a sprecare il loro tempo prezioso in simili inutilità. Si tratta di passatempi per perditempo che non si confanno a degli uomini seri ed impegnati negli interessi seri della vita.

Queste persone ritengono di seguire la dottrina dell'interesse, di cui hanno un'idea approssimativa, e, per star meglio con gli occhi aperti su quelli che definiscono i loro affari, trascurano l'affare numero uno, quello di restare padroni di se stessi

Da una parte dunque i cittadini che lavorano indaffarati e che non intendono porre mente alla cosa pubblica, dall'altra la classe che dovrebbe sobbarcarsi queste incombenze, ma che non esiste più, producono come effetto, che il posto di governo rimane come vuoto. Se, in un simile momento, un uomo abile ed ambizioso giunge alla presa del potere, egli si viene a trovare con la strada aperta per tutte le usurpazioni. Basta che egli faccia sì che tutti gli interessi materiali prosperino, che lo si assolverà facilmente di tutto il resto. Gli si chiede che assicuri l'ordine. Gli uomini spinti dalla brama dei godimenti materiali solitamente scoprono come le agitazioni fatte in nome della libertà disturbino il benessere, ancor prima di rendersi conto di come la libertà è utile per procurarselo; e al minimo sentore di passioni pubbliche che s'insinuano in mezzo ai piccoli godimenti della loro vita privata, essi si tendono all'ascolto e s' inquietano; per lungo tempo il timore dell'anarchia li tiene col fiato sospeso e sempre pronti a rinnegare la libertà al primo disordine."

Il posto fisso al comune

"Negli Stati Uniti, quando un cittadino è dotato di qualità e risorse personali, egli può cercare d'arricchirsi con il commercio o l'industria, oppure può acquistare un'estensione di terreno coperto da foreste e diventare un pioniere. Tutto ciò che egli chiede allo Stato è di non disturbarlo nei suoi lavori e di assicurargliene il frutto.
Presso la maggior parte dei popoli d'Europa, quando un uomo comincia ad avere coscienza delle proprie forze e ad allargare i propri obiettivi, la prima idea che gli si presenta è quella d'ottenere un impiego pubblico.
(...)
Non intendo dire che questo desiderio generalizzato ed eccessivo delle cariche pubbliche sia un grave male sociale; ma che esso distrugga, in ogni cittadino lo spirito d' indipendenza e che diffonda in tutto il corpo nazionale un sapore venale e servile, o che vi soffochi le virtù virili.
(...)
Voglio solo sottolineare che il governo che favorisce una simile tendenza rischia la sua tranquillità sociale e mette in serio pericolo la sua sopravvivenza. So che, in un periodo come il nostro, in cui vediamo spegnersi gradualmente l'amore e il rispetto che in passato erano tributati al potere, può sembrare utile per i governanti tenere legato più strettamente ogni uomo con il suo interesse personale, e che sembri loro opportuno servirsi anche delle sue passioni per tenerlo entro i confini dell'ordine e del silenzio; ma ciò non dovrebbe durare a lungo, e ciò che può sembrare per un certo periodo un motivo di forza diventa, sicuramente e alla lontana, un motivo di grande turbamento e di grande instabilità. Presso i popoli democratici, come presso tutti gli altri, il numero degli impieghi pubblici finisce per saturarsi; non così però accade, presso quegli stessi popoli, per le persone ambiziose; esso aumenta incessantemente con un movimento graduale e irresistibile man mano che le condizioni sociali tendono all'eguaglianza; non si arresta che quando non ci sono più uomini.
Quando l'ambizione non trova altra possibilità di sfogo se non nell'amministrazione, il governo finisce necessariamente per trovarsi di fronte ad un'opposizione permanente; poichè il suo compito è quello di soddisfare con dei mezzi limitati delle aspirazioni che si moltiplicano all'infinito.
(...)
I prìncipi dei nostri tempi (...) scopriranno un giorno che hanno rischiato il loro potere rendendolo così necessario, e che sarebbe stato più onesto e più sicuro insegnare a ciascun dei loro sudditi l'arte di bastare a se stessi."

Middle Class

"So bene che in una grande nazione democratica vi saranno sempre individui molto poveri ed altri ricchissimi: ma i poveri saranno in piccolo numero (invece di essere l'immensa maggioranza, come è sempre accaduto nelle società aristocratiche) e la legge non li terrà tutti stretti insieme con la catena d'una miseria irrimediabile ed ereditaria. I ricchi, dal canto loro, saranno pochi ed impotenti, non godranno dei privilegi che attraggono l'attenzione, e la loro ricchezza, non essendo più legata ai possedimenti terrieri e rappresentata da essi, sarà inafferrabile ed invisibile. Nè poveri, nè ricchi: questi ultimi faranno parte della folla, se ne staccheranno e vi torneranno senza posa, non formeranno una casta a parte facilmente individuabile ed attaccabile, ed essendo legati alla massa dei loro concittadini da mille segreti legami, il popolo non potrà più colpirli senza colpire, insieme, se stesso.

Nelle società democratiche, finalmente, tra questi due estremi v'è l'innumerevole moltitudine di uomini quasi uguali tra loro, i quali, senza essere nè ricchi nè poveri, posseggono quanto basta per desiderare l'ordine, ma non posseggono tanto da eliminare l'invidia in altri. Questi sono gli avversari naturali dei rivolgimenti violenti: la loro immobilità mantiene in riposo tutto ciò che è posto sopra e sotto di essi e garantisce la tranquillità del corpo sociale. Non che essi siano soddisfatti del loro stato presente o che abbiano un orrore naturale per una rivoluzione di cui godrebbero i benefici anzichè subirne i danni: anzi, la loro passione dell'arricchimento è senza uguali.
(...)
Siccome gli uomini he vivono in regime democratico appaiono sempre inquieti, incerti, esitanti, pronti a mutare di volontà e di posto, si immagina che essi aboliranno, d'un tratto solo, le loro leggi, per adottar nuove opinioni e nuovi costumi. E non si pensa che se l'ugaglianza spinge gli uomini ai mutamenti, essa dà loro altresì interesse e gusti che han bisogno di stabilità per essere soddisfatti, li pungola e insieme li frena, dà loro le ali e li attacca alla terra, infiamma le loro passioni e ne limita le forze. Tutto ciò, ovviamente, non si nota subito: le passioni che tengono i cittadini separati tra loro in regime democratico si manifestano da sè; più difficile da intendere è invece la forza nascosta che li tiene insieme.

Per paradossale che possa sembrare questa affermazione tra le rovine che ci circondano, devo dire solennemente che ciò che temo di più per il futuro non sono affatto le rivoluzioni. Se i cittadini continuano a chiudersi sempre più strettamente nel circolo dei loro piccoli interessi domestici, c'è da temere che finiscano col diventare insensibili a quelle grandi emozioni che turbano le nazioni, ma che anche le sviluppano e rinnovano. Quando vedo la proprietà diventare così mobile e l'amore del posseso così inquieto ed ardente, non posso fare a meno di temere che gli uomini possano giungere al punto di considerare ogni nuova teoria un pericolo, ogni innovazione un fastidioso turbamento, ogni progresso sociale un primo passo verso una rivoluzione, e che, perciò, non si muovano per paura di essere travolti.

Tremo, lo confesso, al pensiero che essi si lascino, un giorno, così bene dominare da un vile amore delle gioie presenti da dimenticare il loro avvenire e quello dei loro discendenti, che preferiscano seguire stancamente il corso del destino piutttosto che fare, in caso di necessità, uno sforzo improvviso ed energico per raddrizzarlo.

Tutti sembrano credere che le nuove società muteranno fisionomia ogni giorno; quanto a me, ho paura che esse finiranno con l'essere troppo immutabilmente fisse nelle medesime istituzioni, nei medesimi pregiudizi, nelle medesime consuetudini, sì che il genere umano si fermerà e limtierà, lo spirito si ravvolgerà eternamente su se stesso senza produrre idee nuove, l'uomo si esaurirà in piccoli movimenti sterili e solitari, e l'umanità, pur muovendosi incessantemente, non farà alcun progresso.

Potere ed individuo

"Non soltanto il potere sovrano s'è esteso, come s'è visto, nell'intera sfera dei vecchi poteri: ma anche, dal momento che neppur questa è più sufficiente a soddisfarlo, la supera da ogni lato e s'insinua nella sfera finora riservata all'individuo. Una quantità enorme di atti, che prima sfuggivano completamente al suo controllo, ora vi sono sottoposti e il loro numero aumenta senza posa... Non v'è paese d'Europa nel quale la pubblica amministrazione non sia diventata, non solo più accentrata, ma anche più inquisitrice ed insinuante: dovunque essa penetra più a fondo che mai negli affari degli individui, regola a suo modo un numero maggiore di atti, e di atti di sempre minor rilievo, si insedia accanto, intorno e al di sopra di ogni individuo per assisterlo, consigliarlo, constringerlo...
(...)
Per quel che mi riguarda io non ho alcuna fiducia, devo confessarlo, nello spirito di libertà che sembra animare i miei contemporanei: posso ben vedere che i popoli son turbolenti, ma non vedo affatto ch'essi son liberali. E perciò temo che alla fine di tutte queste agitazioni che fanno tremare i troni, i sovrani saranno ancor più possenti che mai."

martedì 7 aprile 2009

No more nukes

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5 aprile 2009

QUANDO sono nato il mondo era spaccato in due e le nostre nazioni erano alle prese con situazioni molto differenti.

Pochi avrebbero potuto prevedere che una persona come me sarebbe un giorno potuta diventare presidente degli Stati Uniti. Pochi avrebbero potuto prevedere che a un presidente americano sarebbe stato concesso di parlare a un pubblico simile a questo qui a Praga.

SIAMO qui oggi perché la Primavera di Praga, la semplice ricerca di libertà e opportunità, hanno gettato la vergogna addosso a coloro che facevano affidamento sui carri armati e sulle armi per domare la volontà di un popolo.

Siamo qui oggi perché venti anni fa gli abitanti di questa città scesero per le strade per esigere la promessa di un giorno diverso, perché i diritti umani di base erano stati loro negati troppo a lungo.

La " Sametová Revoluce ", la Rivoluzione di Velluto, ci ha insegnato molte cose: prima di tutto che una protesta pacifica può scuotere le fondamenta di un impero, portando in piena luce il vuoto della sua ideologia. Adesso questa generazione, la nostra, non può starsene immobile con le mani in mano. Anche noi dobbiamo prendere una decisione.

Allorché il mondo è diventato meno spaccato, è diventato più interdipendente. Abbiamo assistito a eventi che si verificavano più velocemente della nostra capacità a controllarli: una economia globale in crisi, un cambiamento del clima, i pericoli persistenti di vecchi conflitti, nuove minacce e il proliferare di armi temibili e catastrofiche.

La questione su cui mi soffermo oggi è di importanza vitale per la sicurezza delle nostre nazioni e per la pace nel mondo: sto parlando del futuro delle armi nucleari nel XXI secolo. L' esistenza di migliaia di armi nucleari è il lascito più pericoloso che ci sia arrivato dalla Guerra Fredda.

Tra Stati Uniti e Unione Sovietica non si è combattuta alcuna guerra nucleare, ma generazioni intere di persone hanno vissuto con la consapevolezza che il loro mondo poteva essere spazzato via in qualsiasi momento da un unico lampo di luce. Città come Praga, che hanno una storia secolare alle spalle, avrebbero potuto cessare di esistere.

Oggi la Guerra Fredda non esiste più, ma esistono invece migliaia di questi ordigni. Per uno strano scherzo del destino, la minaccia di una guerra nucleare globale si è sensibilmente ridotta, ma il rischio di un attacco nucleare è aumentato.

Un numero maggiore di nazioni è in possesso di queste armi. Le sperimentazioni continuano. Il mercato nero vende e compra segreti nucleari e i materiali per l' atomica abbondano. La tecnologia necessaria a costruire un' atomica si è diffusa. I terroristi sono decisi a comperarne, costruirne o rubarne una.

Cerchiamo di capirci: questa è una questione che interessa tutti, ovunque. Un' unica bomba nucleare esplosa in una città - si tratti di New York o di Mosca, di Islamabad o di Mumbai, di Tokyo o di Tel Aviv, di Parigi o di Praga - potrebbe uccidere centinaia di migliaia di persone.

E indipendentemente da ciò che potrebbe accadere, non c' è limite a quelle che potrebbero essere le conseguenze per la nostra sicurezza globale, la nostra vita, la nostra società, la nostra economia, la nostra sopravvivenza stessa.

Proprio come nel XX secolo ci siamo battuti per la libertà, adesso dobbiamo essere uniti per il diritto di tutti i popoli a vivere affrancati dalla paura nel XXI secolo.

Essendo una potenza nucleare, essendo l' unica potenza nucleare ad aver mai fatto uso di un' arma nucleare, gli Stati Uniti hanno una responsabilità precisa morale ad agire.

Da soli non potremo perseguire il successo in questa impresa, ma potremo indicare la strada da seguire, potremo aprirla. Forse non ci riusciremo nell' arco delle nostre vite.

Occorreranno pazienzae tenacia. Tuttavia anche noi adesso dobbiamo ignorare le voci che affermano che il mondo non può cambiare. Anzi, dobbiamo insistere e dire: " Yes, we can ", sì, possiamo cambiarlo.
Permettetemi di descrivervi il percorso che dovremo seguire.

Prima di tutto gli Stati Uniti prenderanno provvedimenti concreti per dirigerci verso quel futuro, un mondo senza armi nucleari. Per porre fine alla mentalità da Guerra Fredda, dobbiamo ridurre il ruolo delle armi nucleari nella nostra strategia di sicurezza nazionale e sollecitare gli altri a fare altrettanto. Non fraintendetemi: finché questi armi esisteranno, gli Stati Uniti manterranno il loro sicuro ed efficace arsenalea fini di deterrenza nei confronti di qualsiasi nemico, e garantiranno la difesa dei loro alleati, compresa la Repubblica Ceca.

Ma inizieremo l' opera di riduzione del nostro arsenale. Per ridurre le nostre testate e le nostre scorte di armi nucleari, negozieremo un nuovo Trattato di Riduzione delle Armi Strategiche con i russi questo stesso anno.

Il presidente Medvedev e io abbiamo dato inizio a questo processo a Londra e cercheremo di approdare a un nuovo accordo entro la fine di quest' anno.

Per arrivare a una messa al bando globale dei test nucleari, la mia Amministrazione cercherà immediatamente e con determinazione di ottenere la ratifica negli Stati Uniti del Trattato per la messa al bando dei test nucleari. Dopo oltre cinquant' anni di trattative, è giunta l' ora di mettere per sempre al bando i test nucleari.

Per ostacolare e rendere difficile il reperimento dei materiali occorrenti a realizzare una bomba, gli Stati Uniti lavoreranno a un nuovo trattato che in modo verificabile ponga fine alla produzione dei materiali fissili utilizzati dagli Stati nella costruzione di una bomba nucleare. Se siamo decisi a voler porre fine alla diffusione e proliferazione di queste armi, dobbiamo allora porre fine alla produzione mirata di materiali necessari a costruirle. Questo è un primo passo.

Secondo: insieme rafforzeremo il Trattato di non proliferazione nucleare facendone un caposaldo della nostra collaborazione. Le cose sono alquanto chiare: i Paesi in possesso di armi nucleari si orienteranno verso il disarmo.

I Paesi senza armi nucleari non le acquisiranno, e tutti i Paesi potranno avere accesso all' energia nucleare a scopi pacifici. Per rendere ancora più solido il trattato, dovremmo sottoscriverne parecchi principi: ci occorrono più risorse e una maggiore autorità per moltiplicare le ispezioni a livello internazionale.

Dovremmo inoltre costruire un nuovo contesto finalizzato a una cooperazione nucleare a scopi civili, per esempio aprendo una banca energetica internazionale, così che ogni Paese possa accederea questa energia così potente senza aumentare i rischi di proliferazione.

Questo deve essere un diritto per ogni nazione che rinunci alle armi nucleari, specialmente i Paesi in via di sviluppo che aderiscono ai programmi pacifici. Nessun approccio avrà successo se si baserà unicamente sul fatto di negare i loro diritti alle nazioni che rispettano le leggi. Dobbiamo sfruttare tutta la potenza dell' energia nucleare al fine di perseguire il nostro obiettivo di contrastare il cambiamento del clima e di portare avanti le opportunità di pace per tutte le persone.

Procediamo senza farci illusioni, però: alcuni Paesi infrangeranno le regole. Ecco perché ci serve una struttura che assicuri che qualora una nazione si comportasse così ci saranno delle conseguenze certe alle quali dovrà fare fronte.

Proprio questa mattina, ci è stato rammentato una volta di più per quale motivo ci serva un approccio nuovo e più rigoroso per affrontare questa minaccia: la Corea del Nord ancora una volta ha infranto le regole sperimentando un razzo che potrebbe essere utilizzato per lanciare missili a lunga gittata.

Questa provocazione evidenzia una volta di più la necessità di agire, non soltanto questo pomeriggio stesso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma anche con la nostra determinazione a voler prevenire il diffondersi di queste armi.

L' Iran deve ancora costruire l' atomica. La mia Amministrazione si impegnerà con l' Iran a cercare una strada per le trattative, sulla base dei reciproci interessi e del vicendevole rispetto. Noi crediamo nel dialogo. Ma pur dialogando, dobbiamo presentare una scelta precisa: noi vogliamo che l' Iran prenda il posto che gli compete in seno alla comunità delle nazioni, politicamente ed economicamente. Noi sosterremo il diritto degli iraniani a procurarsi energia nucleare a scopi pacifici con ispezioni rigorose.

Questa è la strada che la Repubblica Islamica può sicuramente imboccare. Altrimenti, il governo potrà scegliere di isolarsi ancor più, le pressioni internazionali, una potenziale corsa agli armamenti nucleari nella regione che finirebbe con l' aumentare l' insicurezza di tutti.

Infine dobbiamo essere sicuri che i terroristi non entreranno mai in possesso di un' arma nucleare. Questa è la minaccia più immediata ed estrema alla sicurezza globale. Un unico terrorista, con un' unica arma nucleare potrebbe innescare una distruzione di massa imponente. Al Qaeda ha fatto sapere di essere alla ricerca di un' atomica e che non si farebbe scrupolo a farne uso.

Noi sappiamo che ci sono molti materiali nucleari nel mondo che non sono in sicurezza. Per proteggere i nostri popoli, dobbiamo agire con finalità ben chiare e senza procrastinare.
(Traduzione di Anna Bissanti)

Pacem in terris

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"So che vi sono delle epoche in cui la religione può aggiungere all'influenza che le è propria la potenza artificiale delle leggi e l'appoggio dei poteri materiali che indirizzano la società.

Si sono viste delle religioni, intimamente intrecciate a forme di governo temporali, dominare contemporaneamente le anime per mezzo del terrore e per mezzo della fede; tuttavia, quando una religione contrae un'alleanza simile, posso dire senza timore che ella agisce come potrebbe agire un uomo: sacrificando l'avvenire in vista del presente e acquisendo una potenza che non le è dovuta, essa abbandona il suo potere legittimo.

Quando una religione cerca di fondare il suo impero soltanto sul desiderio d'immortalità, che tormenta in egual misura i cuori di tutti gli uomini, allora essa può tendere all'universalità;

ma quando si abbina a una forma di governo, essa allora deve adottare dei princìpi che non sono applicabili che solo a certi popoli. In tal modo, allenandosi a un potere politico, la religione aumenta il suo potere su qualch'uno e perde la speranza di regnare su tutti.

Finchè una religione si appoggia su dei sentimenti che sono il conforto di tutte le miserie, essa può attirare a sè tutto il genere umano. Mescolata alle amare passioni di questo mondo, la si costringe talvolta ad appoggiare degli alleati che si sono rivolti a lei per interesse piuttosto che per amore; e a considerare avversari degli uomini che spesso l'amano ancora pur opponendosi a coloro ai quali essa si è unita. La religione dunque non è in grado di dividere il potere terreno dei governanti, senza sobbarcarsi una parte di ostilità che da essi deriva."

da "La dèmocratie en Amèrique" di Tocqueville

More and more Tocqueville...

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Diritti & virtù

"Dopo l'idea di virtù, non ne conosco di più bella di quella dei diritti. Anzi, queste due idee si confondono: l'idea dei diritti non è altro che quella della virtù, introdotta nel mondo politico. Attraverso essa gli uomini han potuto definire la licenza e la tirannide: illuminato da essa ognuno ha potuto mostrarsi libero senza arroganza e obbediente senza viltà. L'uomo che obbedisce alla violenza si piega e si degrada; quando, invece, si sottomette al diritto di comandare, che riconosce nel suo simile, si innalza in qualche modo al di sopra di quello stesso che gli dà ordini."

"Quando mi chiedo qual'è ai nostri giorni il mezzo di inculcare negli uomini l'idea dei diritti e di farla, per dir così, penetrare nel loro spirito, non trovo altra risposta che questa: dare a tutti il tranquillo esercizio di certi diritti. La validità di un simile procedimento si sperimenta benissimo con i bambini, i quali, tranne che per la forza e l'esperienza, sono uomini. Quando il bambino comincia a muoversi tra gli oggetti esterni, l'istinto lo porta ad impadronirsi e ad utilizzare tutto ciò che gli capita tra le mani, senza nessuna idea della proprietà e neppure dell'esistenza di altri: ma quando comincia a rendersi conto del valore delle cose o del fatto che anche egli può essere privato di ciò che gli appartiene, diventa più circospetto e finisce col rispettare nei suoi simili ciò che vuole si rispetti in lui."

"Le religioni s'infiacchiscono e scompare la nozione divina dei diritti; i costumi s'imbastardiscono e si cancella la nozione etica dei diritti; dovunque la fede cede alla ragione e il sentimento al calcolo. Se in questo universale sovvertimento non si giungesse a legar l'idea dei diritti all'interesse individuale non resterebbe che la paura come strumento efficace di governo. Perciò, quando mi si dice che le leggi sono deboli e i governati turbolenti, che le passioni sono verdi e la virtù senza potere e che in tal condizione non si può pensare a diffondere i diritti politici, rispondo che è proprio a causa di tali cose che è necessario affrettarsi a farlo. E i governi sono assai più interessati a ciò della società, perchè essi possono perire, ma la società resta."

"Ecco un concetto che non sarà mai ripetuto abbastanza: nulla è più fecondo di meravigliosi risultati dell'arte di essere liberi; ma nulla è più difficile dell'imparare a essere liberi."

"Vi sono paesi nei quali gli abitanti accettano con una sorta di ripugnanza i diritti politici che la legge accorda loro: essi temono di sottrarre un tempo prezioso ai loro affari ed amano isolarsi in un egoismo ristretto e chiuso."

Il rispetto della legge

"Negli Stati Uniti ognuno ha un interesse personale a che tutti obbediscano alle leggi, poichè chi oggi non fa parte della maggioranza potrebbe farne parte domani, e potrebbe, quindi, trovarsi in condizione di esigere dagli altri il rispetto che manifesta per le volontà del legislatore.
Perciò il cittadino americano si sottomette alla legge, per spiacevole che sia, non solo come al volere del maggior numero, ma anche come al suo proprio e la considera alla stregua di un contratto nel quale è parte."

"La democrazia, anche quando le circostanze particolari e le disposizioni del popolo le consentono di durare, non dà mai uno spettacolo di regolarità amministrativa e di ordine metodico nel governo.
Una libera democrazia non esegue le sue imprese con la stessa perfezione del dispotismo illuminato, spesso le abbandona prima di averne tratti i frutti, o si lancia allo sbaraglio in faccende pericolose; ma alla lunga essa produce più del regime dispotico, fa ogni cosa meno bene, ma fa più cose. In un regime democratico è grande non ciò che fanno i poteri pubblici, ma ciò che si fa senza o contro di loro. La democrazia non dà al popolo il governo più abile, ma crea ciò che il governo più abile è spesso incapace di creare: diffonde in tutto il corpo sociale un'attività inquieta, una forza sovrabbondante, un'energia, che non esisterebbero mai fuori di lei e che, per poco che le circostanza siano favorevoli, posson produrre meraviglie. Qui sono i suoi autentici benefici..."

La tirannide della maggioranza

"Considero empia e detestabile la massima che in politica la maggioranza di un popolo ha il diritto di fare tutto; e tuttavia ritengo che l'origine del potere sia da porre nella volontà della maggioranza. V'è, forse, contraddizione tra queste due proposizioni?

V'è una legge generale che è stata fatta o almeno adottata non solo dalla maggioranza di questo o quel popolo, ma dalla maggioranza del genere umano: la giustizia. Questa è l'autentico limite dei diritti di ogni popolo.

Una nazione è come una giuria incaricata di rappresentare la società universale e di applicare la giustizia che ne è la legge.
La giuria, che rappresenta la società, può avere poteri maggiori di questa società di cui applica le leggi? La risposta non dà luogo a dubbi; e quando, pertanto, rifiuto di obbedire ad una legge ingiusta, non contesto il diritto della maggioranza a comandare, ma, semplicemente, faccio appello dalla sovranità di un popolo alla sovranità del genere umano.

Vi sono individui che non hanno esitato ad affermare che un popolo, decidendo su problemi che riguardavano lui solo, non poteva, per definizione, uscir dai limiti della giustizia e della ragione, e che non bisognava, perciò, aver timore di affidare ogni potere alla maggioranza che lo rappresentava.
Questo è linguaggio da schiavi.

Cos'è, infatti una maggioranza considerata collettivamente, se non un individuo che ha opinioni e, bene spesso, interessi contrarsi a quelli di un altro individuo, cui si dà il nome di minoranza?

E se si ammette che un uomo solo, investito di poteri assoluti, può abusarne, come si può non ammettere la stessa cosa per una maggioranza? Che forse gli uomini, riunendosi, han mutato carattere o divenendo più forti son anche diventati più pazienti nelle contrarietà? Non posso crederlo; e perciò, non posso accordare ad un'assemblea di molti individui quei poteri che rifiuto ad uno solo dei miei simili."

"Quando vedo accordare ad un'istituzione qualsivoglia, si chiami popolo o monarchia, democrazia o aristocrazia, il diritto e la facoltà di far tutto, indipendentemente dalla forma dello stato, affermo che là è il germe ella tirannide. E percià vado a vivere altrove."

"Catene e carnefici sono gli strumenti primitivi che la tirannide ha finora usato; ai tempi nostri, la civiltà ha perfezionato persino il dispotismo, che sembrava non avere più nulla da apprendere. I prìncipi avevano, per così dire, materializzato la violenza; le repubbliche democratiche contemporanee l'hanno resa immateriale come la volontà umana che vuole schiacciare.

Sotto il governo assoluto di uno solo, il dispotismo, per raggiungere l'interiorità colpiva rudemente il corpo, e l'anima, sfuggendo a quei colpi, si elevava gloriosamente al di sopra di quello;

ma, nelle repubbliche democratiche, la tirannia non segue più questo iter: essa abbandona il corpo e punta diritto all'anima.

Il padrone non dice più: se non la pensate come me, morrete; egli dice: siete liberi di non pensarla come me, la vostra vita, i vostri beni e tutto il resto continua ad appartenervi; ma da quel giorno voi siete uno straniero tra noi.

Continuerete ad essere un cittadino, con dei privilegi, ciò vi sarà superfluo; ma se punterete all'elezione da parte dei vostri concittadini essi non ve l'accorderanno e se cercherete anche solo la loro stima, essi ancora ve la rifiuteranno. Rimarrete in mezzo agli uomini, ma perderete i diritti d'appartenenza al genere umano. Quando vi avvicinerete ai vostri simili, essi vi fuggiranno come un essere impuro; quelli che credono alla vostra innocenza vi fuggiranno allo stesso modo, poichè verrebbero a loro volta sfuggiti.

Andate in pace, io vi concedo la vita, ma è una vita peggore della morte."

I giuristi e il loro posto nella società

"Se i giuristi sono spinti dalle loro inclinazioni naturali verso l'aristocrazia, sono spinti da interessi altrettato naturali verso il popolo. Così essi prediligono il regime democratico senza, tuttavia, condiverne le inclinazioni e senza imitarne le debolezze: ottimi motivi per essere potenti con esso e su esso. Il popolo, poi, non diffida dei giuristi, perchè sa che è loro interesse servir la sua causa e li ascolta senza collera perchè non suppone loro pregiudizi anti-democratici. E in realtà i giuristi non vogliono rovesciare il regime democratico, ma vogliono soltanto dargli una direzione che non è la sua e con metodi estranei a tal regime. Essi appartengono al popolo per nascita ed interesse e all'aristocrazia per gusti e consuetudini: sono perciò il nesso naturale, l'anello che unisce popolo ed aristocrazia."

"So bene che negli Stati Uniti v'era una segreta tendenza a ridurre il potere giudiziario: nella maggior parte delle costituzioni degli stati, il governo può, su istanza delle due camere, togliere ai giudici il loro seggio; ed alcune costituzioni prevedono che i giudici debbano essere eletti e poi più volte sottoposti a rielezioni. Oso profetizzare che queste innovazioni avranno, presto o tardi, risultati funesti e che un giorno ci si renderà conto come, diminuendo l'indipendenza dei magistrati, si è danneggiato non solo il potere giudiziario, ma lo stesso regime democratico."

sabato 4 aprile 2009

Nuovi frammenti...

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Altri frammenti di Tocqueville, un autore di cui non posso più fare a meno...

Libertà di stampa

"Confesso di non provare per la libertà di stampa quel trasporto immediato e completo che ispirano le cose sovranamente buone per natura: l'apprezzo in considerazione dei danni che evita assai più che pei benefici che apporta. Se mi si mostrasse, tra la completa indipendenza e il totale asservimento del pensiero, una posizione intermedia cui fosse possibile restar legati, forse l'accetterei . Ma chi scoprirà mai questo punto intermedio?"

"In un paese in cui domina il dogma della sovranità popolare, la censura è non soltanto un pericolo ma una grande assurdità. Quando, infatti, si concede a tutti il diritto di governare la società, bisogna pur riconoscere ad ognuno la capacità di scegliere tra le diverse opinioni che agitano i suoi contemporanei e di valutarne in piena indipendenza i diversi fatti, la cui conoscenza può guidarlo nelle sue scelte. La sovranità popolare e la libertà di stampa sono, dunque, due cose solidamente intrecciate; la censura e il suffragio universale sono, invece, in puntuale contrasto tra loro e non possono durare entrambe per lungo tempo nelle istituzioni politiche di uno stesso popolo. Tra i dodici milioni di uomini che vivono negli Stati Uniti, non ve n'è stato uno solo che abbia mai proposto di abolire la libertà di stampa."

"Per poter agire efficacemente sulla stampa bisognerebbe (...) trovare una magistratura che non solo fosse devota all'ordine esistente, ma che potese anche porsi al di sopra dei contrasti di opinione che si agitano intorno; una magistratura che giudicasse senza pubblicità, emettendo delle sentenze senza motivarle e colpisse l'intenzione più che l'espressione. Ma chiunque avesse il potere di creare e di mantenere in vita una simile magistratura, perderebbe il suo tempo a colpire la libertà di stampa, poichè egli sarebbe già signore assoluto e potrebbe sbarazzarsi dei giornalisti prima ancora che dei loro scritti. In materia di stampa non v'è, dunque, un punto intermedio tra la servitù e la licenza: per beneficiare dei beni inestimabili che la libertà di stampa garantisce bisogna saper sopportare i mali inevitabili che essa fa nascere. Cercar di ottenere gli uni evitando gli altri significa abbandonarsi ad una di quelle illusioni in cui si cullano d'abitudine le nazioni malate, allorchè stanche di lotte ed esaurite per gli sforzi, cercano il mezzo di far coesistere, sullo stesso territorio, opinioni nemiche e princìpi in contrasto."

"E' un assioma di scienza politica presso gli americani che il solo mezzo efficace di neutralizzare gli effetti dannosi della libertà di stampa consiste nel moltiplicare il numero dei giornali: e non riesco ad immaginare come una verità così evidente non sia ancora penetrata tra noi. "

Associazionismo

"La prima volta che udii che centomila americani s'erano impegnati pubblicamente a non far uso di liquori forti, la cosa mi parve piuttosto ridicola che seria, e non compresi subito perchè quei cittadini così temperati non si contentassero di bere acqua, tranquillamente, in famiglia. Ho compreso, poi, che quei centomila americani, turbati dai progressi che faceva la ubriachezza nel loro paese, avevano voluto accordare una sorta di patronato pubblico alla sobrietà. Essi avevano agito esattamente come un grande signore che vestisse molto semplicemente per ispirare a cittadini meno elevati di lui lo spregio del lusso. Si può esser certi che se quei centomila uomini fossero stati francesi, ognuno di essi si sarebbe rivolto individualmente al governo per esortarlo a sorvegliare le osterie su tutto il territorio nazionale."

"La scienza dell' associazione è la più importante di tutte le discipline sociali presso i popoli democratici: il progresso di tutte la altre dipende, infatti, dai suoi progressi."

"(...) la libertà di associazione, è diventata ai giorni nostri una garanzia necessaria contro la tirannide della maggioranza. In America, quando un partito è diventato dominante, tutto il potere è concentrato nelle sue mani, i suoi uomini occupano tutte le funzioni pubbliche e dispongono di tutte le forze organizzate. Le personalità più eminenti del partito d'opposizione non possono superare la barriera che li separa dal potere e devono perciò stabilirsi come una forza al di fuori della cittadella governativa, opponendo tutto il loro peso morale alla forza materiale che potrebbe opprimerli.
(...)
E qui mi vien fatto di ripetere ciò che ho già detto a proposito delle libertà locali: sono i paesi democratici quelli in cui l'associazionismo è più necessario per impedire il dispotismo dei partiti o l'arbitrio di un singolo. Nei paesi aristocratici i corpi intermedi formano delle associazioni naturali, che si oppongono agli abusi del potere. Là dove simili associazioni non esistono, se i cittadini non possono dar vita artificialmente e per un certo tempo a qualcosa che rassomigli ad esse, non v'è più limite ad ogni sorta di tirannidi, e un gran popolo può essere oppresso impunemente da un pugno di faziosi o da un sol uomo."

Pregi e difetti della democrazia

"I difetti e le debolezze di un regime democratico si scorgono senza fatica e si dimostrano con fatti evidenti, mentre la sua benefica influenza si esercita insensibilmente e quasi occultamente. Le sue manchevolezze colpiscono subito, le sue qualità si scoprono solo dopo molto tempo. Così le leggi della democrazia americana sono spesso difettose o incomplete, violano a volte diritti acquisiti o ne sanciscono di pericolosi, e anche se fossero perfette, la loro frequenza sarebbe, da sola, un grave danno: tutto ciò si comprende a prima vista. Come e perchè, allora le repubblice americane si mantengono e prosperano?
(...)
L' aristocrazia infatti è infinitamente più abile nella scienza legislativa: padrona di se stessa, non soggetta a scalmane transitorie, concepisce vasti disegni, che sa maturare fino a quando non si presenti l'occasione propizia; finalmente, essa conosce l'arcana sapienza di far convergere la forza collettiva delle sue leggi, nello stesso momento, verso il medesimo fine. Il regime democratico è incapace di tutto ciò e la sua legislazione è quasi sempre, come s'è detto, difettosa o intempestiva.(...)
Il fine che si propone il regime democratico è però più utile. Perciò, se si immagina una società, che la natura o la sua costituzione abbiano organizzata in modo da sopportare l'azione transitoria delle cattive leggi, e che, pertanto, possa aspettare senza perire i risultati della tendenza generale delle leggi medesime, si comprende come il regime democratico, malgrado i suoi difetti, sia sempre quello che più di tutti gli altri fa prosperare questa società. E' appunto ciò che accade negli Stati Uniti: dirò ancora una volta che il grande privilegio degli americani è di poter fare errori riparabili.
(...)
E si deve rilevare, inoltre, che in regime democratico, se è vero che un funzionario può far l'uso peggior del suo potere, è vero anche che può farlo per un tempo assai minore che non in un altro regime."

mercoledì 1 aprile 2009

More Tocqueville...

"I nostri contemporanei sono tormentati da due passioni contrastanti: da un lato sentono il bisogno di essere guidati, dall'altro il desiderio di rimanere liberi. Non potendo liberarsi nè dell' uno nè dell' altro di questi istinti, cercano di soddisfarli simultaneamente entrambi. Immaginano quindi un potere unico tutelare, onnipotente ma eletto dai cittadini, e combinano la centralizzazione con la sovranità del popolo.

Si consolano del fatto di essere sotto tutela, pensando che essi stessi hanno scelto i loro tutori. E' così che i cittadini escono per un momento dalla condizione di dipendenza per designare il loro padrone, e subito vi rientrano. Sono in molti in questo tempo ad accontentarsi di questa specie di compromesso fra dispotismo amministrativo e sovranità del popolo."


da "La dèmocratie en Amèrique"