sabato 11 aprile 2009

Tocqueville... More and more...

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Cultura politica

"Sono ben lungi dal credere, come molti in Europa credono, che sia sufficiente insegnare agli uomini a leggere e a scrivere per farne, miracolosamente, dei cittadini. La cultura politica autentica nasce dall'esperienza; e se gli americani non si fossero a poco a poco abituati a governarsi da sè, le conoscenze che sono loro impartite non riuscirebbero molto utili ad un tal fine... E' partecipando all'attività legislativa che l'americano impara a conoscere le leggi; è governandosi che egli diventa esperto dei problemi di governo. L'opera immensa della società si compie ogni giorno sotto i suoi occhi e per così dire tra le sue mani."

Profezie sorprendenti

"Esistono oggi sulla terra due grandi popoli i quali, partiti da origini diverse, sembrano avanzare verso la medesima meta: si tratta dei Russi e degli Anglo-Americani. Ambedue sono cresciuti nell'oscurità; e mentre l'attenzione dell'umanità era volta altrove, essi sono passati improvvisamente davanti alle altre nazioni, e il loro mondo si è reso conto, simultaneamente, della loro nascita e della loro grandezza.

Tutti gli altri popoli parevano avere attinto tutte le risorse che la natura aveva loro concesso e di non dover far altro che conservarle: quei due grandi popoli sono invece in crescita: tutti gli altri sono fermi e avanzano solo a costo di grandi sforzi; essi soltanto avanzano con passo spedito e veloce su un cammino il cui traguardo è ancora celato alla vista. L'Americano lotta contro gli ostacoli che la natura gli oppone; il Russo è alle prese con gli uomini. L'uno combatte il deserto e la barbarie, l'altro la civiltà ricca di tutte le sue difese: così le conquiste dell'Americano si fanno con l'aratro dell'agricoltore, quelle dei Russi con la spada del soldato.

Per raggiungere il suo scopo, il primo si appoggia sull'interesse personale e lascia agire, senza condizionarla, la forza e la ragione degli individui. Il secondo concentra, in qualche modo, in un solo uomo tutta la potenza della società. L'uno ha come principale strumento d'azione la libertà: l'altro la schiavitù.

Il loro punto di partenza è diverso, le loro strade sono diverse; pur tuttavia questi due popoli sembrano chiamati, per un nascosto disegno della provvidenza, a trattenere un giorno nelle loro mani i destini della metà del mondo."

Val più la pratica?

"Gli uomini che vivono nelle società democratiche non soltanto si dedicano difficilmente alla meditazione, ma sono naturalmente portati a stimarla poco. L'assetto sociale e le istituzioni democratiche portano la maggior parte degli uomini ad impegnarsi costantemente nell'azione; inoltre, l'applicazione intellettuale richiesta dall'azione non è sempre compatibile con quella richiesta dalla riflessione. L'uomo d'azione si accontenta del pressapoco, dato che egli non raggiungerebbe mai il compimento del suo progetto se si fermasse ai dettagli. Egli deve basarsi costantemente su idee che non ha avuto tempo d'approfondire, dato che dell' idea degli sfrutta preminentemente l'opportunità piuttosto che la rigorosa esattezza; al limite, egli corre rischi minori, ricorrendo a qualche principio non verificato fino in fondo che a perdere il suo tempo nello stabilire definitivamente la verità di tutti i suoi principi. Il mondo non si controlla con lunghe e dotte dimostrazioni.

Sono la visione sintetica di un fatto particolare, lo studio giornaliero delle mutevoli fasi passionali della folla, il caso fortuito e l'abilità nell'afferrarlo che decidono di ogni evenienza. Nei periodi in cui regna l'azione, si è dunque portati, generalmente, a dare un'importanza eccessiva agli slanci repentini e alle applicazioni superficiali dell'intelligenza e, al contrario, a sottovalutare oltre misura il suo lavoro profondo e lento."

Dispotismi

"Il dispotismo che, per sua natura, è diffidente, vede nell'isolamento degli uomini la garanzia più sicura della propria durata e, di solito, fa di tutto per tenerli isolati. Non vi è altro vizio del cuore umano che gli sia più gradito dell'egoismo: un despota perdona facilmente ai governati la loro indifferenza verso di lui, a patto che essi non siano legati tra di loro da dei sentimenti d'affetto. Egli non chiede loro di aiutarlo a guidare lo Stato; è sufficiente che essi non pretendano di condurlo da soli. Egli definisce spiriti turbolenti e inquieti coloro che pretendono di unire i loro sforzi al fine di creare un benessere generale e, alterando il significato primo delle parole, egli definisce cittadini modello colore i quali si rinchiudono ermeticamente in se stessi. In tal modo, i vizi che fa nascere il dispotismo sono esattamente quelli dell'uguaglianza che favorisce.

Gli uomini dei tempi di democrazia hanno bisogno d'essere liberi, per procurarsi con più facilità i piaceri materiali che inseguono senza sosta. Capita talvolta, tuttavia, che la sete smodata, che essi provano per quei godimenti li metta alla mercè del primo padrone che si presenta. La smania per il benessere si ritorce allora contro se stessa e allontana, senza rendersene conto, l'oggetto dei propri desideri. Esiste effettivamente un passaggio irto di pericoli nella vita dei popoli democratici.

Quando la smania per i godimenti materiali si viene sviluppando presso uno di questi popoli più rapidamente della cultura e dell'assuefazione alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini sono stravolti e come fuori di sè alla vista di quei beni nuovi, che sono pronti ad afferrare. Preoccupati soltanto di far fortuna, non si rendono conto dell'esistenza dello stretto legame che unisce la fortuna individuale di ciascuno di loro alla prosperità di tutti. Non è necessario strappare a questi cittadini i diritti che possiedono; se li lasciano sfuggire da soli. L'esercizio dei loro doveri politici appare ai loro occhi come un contrattempo tedioso che li distoglie dai loro traffici. Vuoi che si tratti di scegliere i propri rappresentanti, di dare man forte all'autorità o di gestire in comune la cosa pubblica, il tempo manca loro; essi non sarebbero mai disposti a sprecare il loro tempo prezioso in simili inutilità. Si tratta di passatempi per perditempo che non si confanno a degli uomini seri ed impegnati negli interessi seri della vita.

Queste persone ritengono di seguire la dottrina dell'interesse, di cui hanno un'idea approssimativa, e, per star meglio con gli occhi aperti su quelli che definiscono i loro affari, trascurano l'affare numero uno, quello di restare padroni di se stessi

Da una parte dunque i cittadini che lavorano indaffarati e che non intendono porre mente alla cosa pubblica, dall'altra la classe che dovrebbe sobbarcarsi queste incombenze, ma che non esiste più, producono come effetto, che il posto di governo rimane come vuoto. Se, in un simile momento, un uomo abile ed ambizioso giunge alla presa del potere, egli si viene a trovare con la strada aperta per tutte le usurpazioni. Basta che egli faccia sì che tutti gli interessi materiali prosperino, che lo si assolverà facilmente di tutto il resto. Gli si chiede che assicuri l'ordine. Gli uomini spinti dalla brama dei godimenti materiali solitamente scoprono come le agitazioni fatte in nome della libertà disturbino il benessere, ancor prima di rendersi conto di come la libertà è utile per procurarselo; e al minimo sentore di passioni pubbliche che s'insinuano in mezzo ai piccoli godimenti della loro vita privata, essi si tendono all'ascolto e s' inquietano; per lungo tempo il timore dell'anarchia li tiene col fiato sospeso e sempre pronti a rinnegare la libertà al primo disordine."

Il posto fisso al comune

"Negli Stati Uniti, quando un cittadino è dotato di qualità e risorse personali, egli può cercare d'arricchirsi con il commercio o l'industria, oppure può acquistare un'estensione di terreno coperto da foreste e diventare un pioniere. Tutto ciò che egli chiede allo Stato è di non disturbarlo nei suoi lavori e di assicurargliene il frutto.
Presso la maggior parte dei popoli d'Europa, quando un uomo comincia ad avere coscienza delle proprie forze e ad allargare i propri obiettivi, la prima idea che gli si presenta è quella d'ottenere un impiego pubblico.
(...)
Non intendo dire che questo desiderio generalizzato ed eccessivo delle cariche pubbliche sia un grave male sociale; ma che esso distrugga, in ogni cittadino lo spirito d' indipendenza e che diffonda in tutto il corpo nazionale un sapore venale e servile, o che vi soffochi le virtù virili.
(...)
Voglio solo sottolineare che il governo che favorisce una simile tendenza rischia la sua tranquillità sociale e mette in serio pericolo la sua sopravvivenza. So che, in un periodo come il nostro, in cui vediamo spegnersi gradualmente l'amore e il rispetto che in passato erano tributati al potere, può sembrare utile per i governanti tenere legato più strettamente ogni uomo con il suo interesse personale, e che sembri loro opportuno servirsi anche delle sue passioni per tenerlo entro i confini dell'ordine e del silenzio; ma ciò non dovrebbe durare a lungo, e ciò che può sembrare per un certo periodo un motivo di forza diventa, sicuramente e alla lontana, un motivo di grande turbamento e di grande instabilità. Presso i popoli democratici, come presso tutti gli altri, il numero degli impieghi pubblici finisce per saturarsi; non così però accade, presso quegli stessi popoli, per le persone ambiziose; esso aumenta incessantemente con un movimento graduale e irresistibile man mano che le condizioni sociali tendono all'eguaglianza; non si arresta che quando non ci sono più uomini.
Quando l'ambizione non trova altra possibilità di sfogo se non nell'amministrazione, il governo finisce necessariamente per trovarsi di fronte ad un'opposizione permanente; poichè il suo compito è quello di soddisfare con dei mezzi limitati delle aspirazioni che si moltiplicano all'infinito.
(...)
I prìncipi dei nostri tempi (...) scopriranno un giorno che hanno rischiato il loro potere rendendolo così necessario, e che sarebbe stato più onesto e più sicuro insegnare a ciascun dei loro sudditi l'arte di bastare a se stessi."

Middle Class

"So bene che in una grande nazione democratica vi saranno sempre individui molto poveri ed altri ricchissimi: ma i poveri saranno in piccolo numero (invece di essere l'immensa maggioranza, come è sempre accaduto nelle società aristocratiche) e la legge non li terrà tutti stretti insieme con la catena d'una miseria irrimediabile ed ereditaria. I ricchi, dal canto loro, saranno pochi ed impotenti, non godranno dei privilegi che attraggono l'attenzione, e la loro ricchezza, non essendo più legata ai possedimenti terrieri e rappresentata da essi, sarà inafferrabile ed invisibile. Nè poveri, nè ricchi: questi ultimi faranno parte della folla, se ne staccheranno e vi torneranno senza posa, non formeranno una casta a parte facilmente individuabile ed attaccabile, ed essendo legati alla massa dei loro concittadini da mille segreti legami, il popolo non potrà più colpirli senza colpire, insieme, se stesso.

Nelle società democratiche, finalmente, tra questi due estremi v'è l'innumerevole moltitudine di uomini quasi uguali tra loro, i quali, senza essere nè ricchi nè poveri, posseggono quanto basta per desiderare l'ordine, ma non posseggono tanto da eliminare l'invidia in altri. Questi sono gli avversari naturali dei rivolgimenti violenti: la loro immobilità mantiene in riposo tutto ciò che è posto sopra e sotto di essi e garantisce la tranquillità del corpo sociale. Non che essi siano soddisfatti del loro stato presente o che abbiano un orrore naturale per una rivoluzione di cui godrebbero i benefici anzichè subirne i danni: anzi, la loro passione dell'arricchimento è senza uguali.
(...)
Siccome gli uomini he vivono in regime democratico appaiono sempre inquieti, incerti, esitanti, pronti a mutare di volontà e di posto, si immagina che essi aboliranno, d'un tratto solo, le loro leggi, per adottar nuove opinioni e nuovi costumi. E non si pensa che se l'ugaglianza spinge gli uomini ai mutamenti, essa dà loro altresì interesse e gusti che han bisogno di stabilità per essere soddisfatti, li pungola e insieme li frena, dà loro le ali e li attacca alla terra, infiamma le loro passioni e ne limita le forze. Tutto ciò, ovviamente, non si nota subito: le passioni che tengono i cittadini separati tra loro in regime democratico si manifestano da sè; più difficile da intendere è invece la forza nascosta che li tiene insieme.

Per paradossale che possa sembrare questa affermazione tra le rovine che ci circondano, devo dire solennemente che ciò che temo di più per il futuro non sono affatto le rivoluzioni. Se i cittadini continuano a chiudersi sempre più strettamente nel circolo dei loro piccoli interessi domestici, c'è da temere che finiscano col diventare insensibili a quelle grandi emozioni che turbano le nazioni, ma che anche le sviluppano e rinnovano. Quando vedo la proprietà diventare così mobile e l'amore del posseso così inquieto ed ardente, non posso fare a meno di temere che gli uomini possano giungere al punto di considerare ogni nuova teoria un pericolo, ogni innovazione un fastidioso turbamento, ogni progresso sociale un primo passo verso una rivoluzione, e che, perciò, non si muovano per paura di essere travolti.

Tremo, lo confesso, al pensiero che essi si lascino, un giorno, così bene dominare da un vile amore delle gioie presenti da dimenticare il loro avvenire e quello dei loro discendenti, che preferiscano seguire stancamente il corso del destino piutttosto che fare, in caso di necessità, uno sforzo improvviso ed energico per raddrizzarlo.

Tutti sembrano credere che le nuove società muteranno fisionomia ogni giorno; quanto a me, ho paura che esse finiranno con l'essere troppo immutabilmente fisse nelle medesime istituzioni, nei medesimi pregiudizi, nelle medesime consuetudini, sì che il genere umano si fermerà e limtierà, lo spirito si ravvolgerà eternamente su se stesso senza produrre idee nuove, l'uomo si esaurirà in piccoli movimenti sterili e solitari, e l'umanità, pur muovendosi incessantemente, non farà alcun progresso.

Potere ed individuo

"Non soltanto il potere sovrano s'è esteso, come s'è visto, nell'intera sfera dei vecchi poteri: ma anche, dal momento che neppur questa è più sufficiente a soddisfarlo, la supera da ogni lato e s'insinua nella sfera finora riservata all'individuo. Una quantità enorme di atti, che prima sfuggivano completamente al suo controllo, ora vi sono sottoposti e il loro numero aumenta senza posa... Non v'è paese d'Europa nel quale la pubblica amministrazione non sia diventata, non solo più accentrata, ma anche più inquisitrice ed insinuante: dovunque essa penetra più a fondo che mai negli affari degli individui, regola a suo modo un numero maggiore di atti, e di atti di sempre minor rilievo, si insedia accanto, intorno e al di sopra di ogni individuo per assisterlo, consigliarlo, constringerlo...
(...)
Per quel che mi riguarda io non ho alcuna fiducia, devo confessarlo, nello spirito di libertà che sembra animare i miei contemporanei: posso ben vedere che i popoli son turbolenti, ma non vedo affatto ch'essi son liberali. E perciò temo che alla fine di tutte queste agitazioni che fanno tremare i troni, i sovrani saranno ancor più possenti che mai."

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