
Vecchi nomi per nuove oppressioni...
"I governi democratici potranno diventare violenti e crudeli in certi momenti di grande effervescenza e di grandi pericoli: ma queste crisi saranno rare e fugaci. Quando penso alle piccole passioni dei nostri contemporanei, alla fiacchezza dei loro costumi, all'estensione della loro istruzione, alla purezza della loro religione, alla dolcezza della loro etica, alle loro abitudini laboriose ed ordinate, al contegno che conservano quasi tutti tra i vizi come nella virtù, mi convinco che essi troveranno nei loro capi dei tutori e non dei tiranni.
Penso, dunque, che il tipo di oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà in nulla al dispotismo del passato, e i nostri contemporanei non riuscirebbero a trovarne l'immagine nei loro ricordi. Ed io stesso cerco invano un' espressione che riproduca e racchiuda l' idea che me ne sono fatta: i termini abusati di tirannide e di dispotismo non sono più adatti. La cosa è nuova: e poichè non posso darle un nome, è necessario che ne dia almeno una definizione.
Quando provo ad immaginare in quale sembiante il dispotismo apparirà nel mondo, vedo una folla immensa di uomini, tutti simili ed uguali, che girano senza posa su se stessi per procurarsi piaceri minuti e volgari di cui nutrono la loro anima. Ognuno di essi, considerato a sè, è come estraneo al destino di tutti gli altri: i figli e gli amici più vicini esauriscono per lui l'intera razza umana, e quanto al resto dei suoi concittadini egli è loro accanto ma non li vede, li tocca ma non li sente. L'uomo vive solo in se stesso e per se stesso: e se è vero che gli resta ancora una famiglia, è, altresì vero che non ha più una patria.
Al di sopra di tutti questi si leva un potere immenso e provvidenziale, che si preoccupa da solo di garantire i loro piaceri e che veglia sulla loro sorte: un potere assoluto, insinuante, regolatore, preveggente e tollerabile. Se esso si proponesse il compito di preparare gli uomini all'età virile, potrebbe rassomigliare alla potestà paterna; ma al contrario, cerca di fissarli irrevocabilmente all'infanzia e preferisce che i cittadini godano, purchè non pensino ad altro. Questo potere provvede al loro benessere, ma esige di esserne il solo arbitro e l'unico agente; garantisce sicurezza, prevede e soddisfa i bisogni, agevola i piaceri, dirige gli affari più importanti e le industrie, regola le successioni e divide le eredità: non può forse togliere anche la preoccupazione di pensare e la pena di vivere?
E' a questo modo che esso rende ogni giorno meno utile e più raro l'uso del libero arbitrio, chiude l'azione della volontà in uno spazio sempre più ristretto, sottrae a poco a poco ogni cittadino a se stesso. L'uguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a soffrirle e spesso a considerarle persino un vantaggio.
Dopo aver preso, ad uno ad uno, ogni cittadino nelle sue spire poderose ed averlo forgiato a suo libito, il potere sovrano protende la sua ombra sulla società nel suo insieme, la copre in tutta la sua estensione di una tela di ragno di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali le menti più originali e le anime più vigorose non riuscirebbero mai a passare, per staccarsi dalla folla. Esso non spezza le volontà, ma le ammorbidisce, le piega e le dirige."
Governati e governanti
"E' difficile immaginare che uomini che abbiano rinunciato del tutto all'abitudine di decidere per le loro cose possano riuscire a scegliere bene quelli che devono governarli.
E sarà ancor più difficile dare ad intendere che un governo liberale, saggio ed energico possa essere espresso dai suffragi di un popolo di servi. Ho sempre pensato che una costituzione repubblicana nella testa ed ultramonarchica in tutte le altre parti è un mostro effimero: i difetti dei governanti e l'imbecillità dei governati la condurrebbero presto alla rovina, il popolo, stanco dei suoi rappresentanti e di se stesso, creerebbe da sè istituzioni più libere o tornerebbe a prostrarsi ai piedi di un despota."
Il germe del dispotismo democratico
"Credo che sia più facile stabilire un governo assoluto e dispotico in una nazione democratica che presso qualsiasi altra; e credo anche che se un tal governo prendesse piede in un simile paese non solo opprimerebbe gli uomini, ma, a lungo andare, toglierebbe loro anche molte delle principali caratteristiche dell'umanità.
Il dispotismo mi sembra, dunque, temibile specialmente nei secoli democratici: per questo io, che avrei amato la libertà in ogni epoca, sento di adorarla nel nostro tempo.
(...)
E' (...) necessario e desiderabile insieme che il potere centrale, che dirige un potere democratico, sia attivo e potente. Il problema non è di renderlo debole o indolente, ma soltanto di impedirgli di abusare della sua agilità e della sua forza.
Ciò che contribuiva di più a garantire la libertà degli individui nei secoli aristocratici era che il sovrano non governava o amministrava da solo, ma era costretto a lasciare una parte di questa funzione ai membri dell'aristocrazia, di guisa che il potere, restando sempre diviso, non pesava mai tutto intero e allo stesso modo su ogni individuo. E non solo il sovrano non faceva tutto da sè, ma la maggior parte dei suoi funzionari che agivano in suo luogo, per il fatto stesso che traevano il proprio potere dalla nascita, non dipendevano interamente da lui. Egli non poteva crearli o distruggerli a suo piacere o piegarli tutti uniformemente alle sue minime volontà: e ciò garantiva ulteriormente la libertà individuale.
So bene che non si può oggi far ricorso agli stessi sistemi: ma esistono processi democratici che li sostituiscono egregiamente. Invece di confidare al potere centrale soltanto tutti i poteri amministrativi, tolti alle corporazioni o ai nobili, si può affidarne una parte a dei corpi secondari, formati di semplici cittadini: a questo modo la libertà degli individui sarebbe più sicura, senza far torto all'uguaglianza..."
Checks and balances
"Un'associazione politica, industriale, commerciale o anche scientifica e letteraria è un cittadino illuminato e potente, che non si può piegare a volontà o opprimere nell'ombra, e che, difendendo i suoi diritti contro le esigenze del potere, salva le libertà comuni.
(...)
L'uguaglianza isola ed indebolisce gli uomini, ma la stampa pone a disposizione di ciascuno di essi un'arma potentissima, di cui può servirsi anche il più debole ed isolato. L'uguaglianza toglie ad ogni individuo l'appoggio dei suoi simili: ma la stampa gli permette di chiamare in aiuto tutti i suoi concittadini... La stampa è, per antonomasia, lo strumento democratico della libertà.
Qualcosa di analogo si può dire del potere giudiziario. E' proprio del potere giudiziario occuparsi di interessi particolari e di volgersi volentieri verso piccole questioni che gli vengono sottoposte. E' inoltre proprio di questo potere non accorrere spontaneamente in aiuto degli oppressi, ma essere sempre a disposizione del più umile di questi. Costui, per debole che sia, può sempre forzare il giudice ad ascoltare le sue ragioni ed a provvedere: ciò deriva dalla istituzione stessa del potere giudiziario. Un tal potere è dunque particolarmente necessario alla tutela della libertà in un'epoca in cui l'occhio e la mano del sovrano s'introducono senza posa nei minimi particolari delle azioni umane, ed in cui i singoli, troppo deboli, per proteggersi da sè, sono anche troppo isolati per poter contare sul soccorso dei loro simili. La forza dei tribunali è stata in ogni tempo la più grande garanzia dell'indipendenza individuale; ma ciò che è vero sopratutto nei secoli democratici: i diritti e gli interessi individuali vi sono sempre in pericolo, se il potere giudiziario non si rafforza e s'estende a misura che l'uguaglianza avanza."
Le forme invise e la libertà
"L'eguaglianza suggerisce agli uomini molte tendenze particolarmente dannose per la libertà, sulle quali il legislatore deve tenere gli occhi bene aperti. Non ne conterò che le principali. Gli uomini che vivono nei secoli democratici non capiscono facilmente l'utilità delle forme; essi provano per esse un disdegno istintivo. Ne ho già analizzato le ragioni. Le forme eccitano il disprezzo e spesso il loro odio. Poichè di solito non aspirano che a dei godimenti immediati e facili, essi si slanciano impetuosamente verso l'oggetto dei loro desideri; il minimo ritardo li esaspera. Questo temperamento, che trasferiscono nella vita politica, li rende indisponibili verso le forme che li ritardano o li arrestano giorno dopo giorno in qualch'uno dei loro programmi. Il difetto che gli uomini delle età di democrazia assimilano alle forme è pertanto ciò che rende queste ultime tanto utili alla libertà, poichè il loro merito principale è quello di servire da barriera tra il forte e il debole, tra il governante e il governato, di rendere più lento l'uno e di dare all'altro il tempo di prendere coscienza di sè.
Le forme sono tanto più necessarie quanto più il sovrano è attivo e potente, e quanto più i singoli privati diventano più indolenti e deboli. Così i popoli democratici hanno naturalmente più bisogno di forme degli altri popoli, e naturalmente le rispettano meno.
(...)
Quando una qualsiasi nazione ha cambiato in poco tempo, i capi, le opinioni e le leggi, gli uomini che la compongono finiscono per contrarre il gusto del cambiamento e ad abituarsi al fatto che tutti i movimenti si effettuano rapidamente con l'aiuto della forza. Essi concepiscono allora il disprezzo per le forme, di cui vedono ogni giorno l'impotenza, e non tollerano che con impazienza il comando della norma, che tanto spesso si è vista violata. Poichè le più elementari nozioni di equità e di morale non sono più sufficienti a spiegare e a giustificare tutte le innovazioni che la rivoluzione porta alla luce, ci si richiama al principio dell'utilità sociale, si crea il dogma dell'utilità politica, e ci si adatta volentieri a sacrificare senza scrupoli gli interessi individuali e a schiacciare sotto i piedi i diritti individuali, in vista di raggiungere più speditamente lo scopo generale che ci si propone."
Libertà, uguaglianza, responsabilità
"Non ignoro che parecchi miei contemporanei pensano che i popoli non sono mai padroni di se stessi su questa terra, che essi obbediscono di necessità a non so quale forza insormontabile e inintelligente, che nasce da avvenimenti anteriori alle vicende di oggi: la razza, il suolo, il clima.
Queste sono dottrine false e vili, che possono produrre solo uomini deboli e nazioni pusillanimi. La provvidenza non ha fatto l'uomo nè completamente libero nè completamente schiavo: essa traccia, è ben vero, intorno ad ogni individuo un circolo, dal quale questi non può uscire: ma nei vasti confini di tale circolo gli uomini sono liberi e possenti. Nella nostra epoca non si può contrastare l'uguaglianza delle condizioni: dipende dagli uomini, tuttavia, che l'uguaglianza li porti alla schiavitù o alla libertà, alla barbarie o alla civiltà, alla miseria o al benessere."
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