
Diritti & virtù
"Dopo l'idea di virtù, non ne conosco di più bella di quella dei diritti. Anzi, queste due idee si confondono: l'idea dei diritti non è altro che quella della virtù, introdotta nel mondo politico. Attraverso essa gli uomini han potuto definire la licenza e la tirannide: illuminato da essa ognuno ha potuto mostrarsi libero senza arroganza e obbediente senza viltà. L'uomo che obbedisce alla violenza si piega e si degrada; quando, invece, si sottomette al diritto di comandare, che riconosce nel suo simile, si innalza in qualche modo al di sopra di quello stesso che gli dà ordini."
"Quando mi chiedo qual'è ai nostri giorni il mezzo di inculcare negli uomini l'idea dei diritti e di farla, per dir così, penetrare nel loro spirito, non trovo altra risposta che questa: dare a tutti il tranquillo esercizio di certi diritti. La validità di un simile procedimento si sperimenta benissimo con i bambini, i quali, tranne che per la forza e l'esperienza, sono uomini. Quando il bambino comincia a muoversi tra gli oggetti esterni, l'istinto lo porta ad impadronirsi e ad utilizzare tutto ciò che gli capita tra le mani, senza nessuna idea della proprietà e neppure dell'esistenza di altri: ma quando comincia a rendersi conto del valore delle cose o del fatto che anche egli può essere privato di ciò che gli appartiene, diventa più circospetto e finisce col rispettare nei suoi simili ciò che vuole si rispetti in lui."
"Le religioni s'infiacchiscono e scompare la nozione divina dei diritti; i costumi s'imbastardiscono e si cancella la nozione etica dei diritti; dovunque la fede cede alla ragione e il sentimento al calcolo. Se in questo universale sovvertimento non si giungesse a legar l'idea dei diritti all'interesse individuale non resterebbe che la paura come strumento efficace di governo. Perciò, quando mi si dice che le leggi sono deboli e i governati turbolenti, che le passioni sono verdi e la virtù senza potere e che in tal condizione non si può pensare a diffondere i diritti politici, rispondo che è proprio a causa di tali cose che è necessario affrettarsi a farlo. E i governi sono assai più interessati a ciò della società, perchè essi possono perire, ma la società resta."
"Ecco un concetto che non sarà mai ripetuto abbastanza: nulla è più fecondo di meravigliosi risultati dell'arte di essere liberi; ma nulla è più difficile dell'imparare a essere liberi."
"Vi sono paesi nei quali gli abitanti accettano con una sorta di ripugnanza i diritti politici che la legge accorda loro: essi temono di sottrarre un tempo prezioso ai loro affari ed amano isolarsi in un egoismo ristretto e chiuso."
Il rispetto della legge
"Negli Stati Uniti ognuno ha un interesse personale a che tutti obbediscano alle leggi, poichè chi oggi non fa parte della maggioranza potrebbe farne parte domani, e potrebbe, quindi, trovarsi in condizione di esigere dagli altri il rispetto che manifesta per le volontà del legislatore.
Perciò il cittadino americano si sottomette alla legge, per spiacevole che sia, non solo come al volere del maggior numero, ma anche come al suo proprio e la considera alla stregua di un contratto nel quale è parte."
"La democrazia, anche quando le circostanze particolari e le disposizioni del popolo le consentono di durare, non dà mai uno spettacolo di regolarità amministrativa e di ordine metodico nel governo.
Una libera democrazia non esegue le sue imprese con la stessa perfezione del dispotismo illuminato, spesso le abbandona prima di averne tratti i frutti, o si lancia allo sbaraglio in faccende pericolose; ma alla lunga essa produce più del regime dispotico, fa ogni cosa meno bene, ma fa più cose. In un regime democratico è grande non ciò che fanno i poteri pubblici, ma ciò che si fa senza o contro di loro. La democrazia non dà al popolo il governo più abile, ma crea ciò che il governo più abile è spesso incapace di creare: diffonde in tutto il corpo sociale un'attività inquieta, una forza sovrabbondante, un'energia, che non esisterebbero mai fuori di lei e che, per poco che le circostanza siano favorevoli, posson produrre meraviglie. Qui sono i suoi autentici benefici..."
La tirannide della maggioranza
"Considero empia e detestabile la massima che in politica la maggioranza di un popolo ha il diritto di fare tutto; e tuttavia ritengo che l'origine del potere sia da porre nella volontà della maggioranza. V'è, forse, contraddizione tra queste due proposizioni?
V'è una legge generale che è stata fatta o almeno adottata non solo dalla maggioranza di questo o quel popolo, ma dalla maggioranza del genere umano: la giustizia. Questa è l'autentico limite dei diritti di ogni popolo.
Una nazione è come una giuria incaricata di rappresentare la società universale e di applicare la giustizia che ne è la legge.
La giuria, che rappresenta la società, può avere poteri maggiori di questa società di cui applica le leggi? La risposta non dà luogo a dubbi; e quando, pertanto, rifiuto di obbedire ad una legge ingiusta, non contesto il diritto della maggioranza a comandare, ma, semplicemente, faccio appello dalla sovranità di un popolo alla sovranità del genere umano.
Vi sono individui che non hanno esitato ad affermare che un popolo, decidendo su problemi che riguardavano lui solo, non poteva, per definizione, uscir dai limiti della giustizia e della ragione, e che non bisognava, perciò, aver timore di affidare ogni potere alla maggioranza che lo rappresentava.
Questo è linguaggio da schiavi.
Cos'è, infatti una maggioranza considerata collettivamente, se non un individuo che ha opinioni e, bene spesso, interessi contrarsi a quelli di un altro individuo, cui si dà il nome di minoranza?
E se si ammette che un uomo solo, investito di poteri assoluti, può abusarne, come si può non ammettere la stessa cosa per una maggioranza? Che forse gli uomini, riunendosi, han mutato carattere o divenendo più forti son anche diventati più pazienti nelle contrarietà? Non posso crederlo; e perciò, non posso accordare ad un'assemblea di molti individui quei poteri che rifiuto ad uno solo dei miei simili."
"Quando vedo accordare ad un'istituzione qualsivoglia, si chiami popolo o monarchia, democrazia o aristocrazia, il diritto e la facoltà di far tutto, indipendentemente dalla forma dello stato, affermo che là è il germe ella tirannide. E percià vado a vivere altrove."
"Catene e carnefici sono gli strumenti primitivi che la tirannide ha finora usato; ai tempi nostri, la civiltà ha perfezionato persino il dispotismo, che sembrava non avere più nulla da apprendere. I prìncipi avevano, per così dire, materializzato la violenza; le repubbliche democratiche contemporanee l'hanno resa immateriale come la volontà umana che vuole schiacciare.
Sotto il governo assoluto di uno solo, il dispotismo, per raggiungere l'interiorità colpiva rudemente il corpo, e l'anima, sfuggendo a quei colpi, si elevava gloriosamente al di sopra di quello;
ma, nelle repubbliche democratiche, la tirannia non segue più questo iter: essa abbandona il corpo e punta diritto all'anima.
Il padrone non dice più: se non la pensate come me, morrete; egli dice: siete liberi di non pensarla come me, la vostra vita, i vostri beni e tutto il resto continua ad appartenervi; ma da quel giorno voi siete uno straniero tra noi.
Continuerete ad essere un cittadino, con dei privilegi, ciò vi sarà superfluo; ma se punterete all'elezione da parte dei vostri concittadini essi non ve l'accorderanno e se cercherete anche solo la loro stima, essi ancora ve la rifiuteranno. Rimarrete in mezzo agli uomini, ma perderete i diritti d'appartenenza al genere umano. Quando vi avvicinerete ai vostri simili, essi vi fuggiranno come un essere impuro; quelli che credono alla vostra innocenza vi fuggiranno allo stesso modo, poichè verrebbero a loro volta sfuggiti.
Andate in pace, io vi concedo la vita, ma è una vita peggore della morte."
I giuristi e il loro posto nella società
"Se i giuristi sono spinti dalle loro inclinazioni naturali verso l'aristocrazia, sono spinti da interessi altrettato naturali verso il popolo. Così essi prediligono il regime democratico senza, tuttavia, condiverne le inclinazioni e senza imitarne le debolezze: ottimi motivi per essere potenti con esso e su esso. Il popolo, poi, non diffida dei giuristi, perchè sa che è loro interesse servir la sua causa e li ascolta senza collera perchè non suppone loro pregiudizi anti-democratici. E in realtà i giuristi non vogliono rovesciare il regime democratico, ma vogliono soltanto dargli una direzione che non è la sua e con metodi estranei a tal regime. Essi appartengono al popolo per nascita ed interesse e all'aristocrazia per gusti e consuetudini: sono perciò il nesso naturale, l'anello che unisce popolo ed aristocrazia."
"So bene che negli Stati Uniti v'era una segreta tendenza a ridurre il potere giudiziario: nella maggior parte delle costituzioni degli stati, il governo può, su istanza delle due camere, togliere ai giudici il loro seggio; ed alcune costituzioni prevedono che i giudici debbano essere eletti e poi più volte sottoposti a rielezioni. Oso profetizzare che queste innovazioni avranno, presto o tardi, risultati funesti e che un giorno ci si renderà conto come, diminuendo l'indipendenza dei magistrati, si è danneggiato non solo il potere giudiziario, ma lo stesso regime democratico."
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