martedì 6 ottobre 2009

Un post interessante dal blog di Vittorio Zucconi

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Intervengo in ritardo e me ne scuso, ma ho avuto altro da fare. Ho letto la filippica di Suchert contro il giornalismo italiano in generale, e contro Repubblica in particolare, ed anche le repliche, di critica o di sostegno, di Carlo Basso, di paolagipi e di altri. Do atto a Daniel del merito di aver dato a questo tema un filo conduttore, sia pure a modo suo, di un “liberal” che vuol essere, ed è, liberale a tutto campo.

Essere liberali “senza se e senza ma”, sempre e a prescindere, tuttavia, comporta qualche rischio di idealismo, con conseguente perdita di misura e di criteri oggettivi di comparazione. Ogni giornale ha una sua linea editoriale, adeguata agli interessi dell’editore, al mantenimento e all’espansione della platea dei lettori, alla contingenza della vita pubblica, ed ispirata in ogni momento storico a criteri di opportunità economica, politica o più semplicemente, ma più raramente, di rispetto della verità e di alcuni valori civici fondamentali.

Il pluralismo dell’informazione, perciò, non è solo un bene, è una necessità. E la convinzione che sia, e debba rimanere, un pilastro della democrazia, mi pare essere comune a tutti noi che liberamente ci esprimiamo su questo blog, ed in primo luogo fede e passione di Zucconi che ce ne fornisce lo strumento.

Vorrei innanzi tutto sgomberare il campo dal riferimento alla cosiddetta obiettività, alla crudezza dei fatti che parlerebbero da soli, cioè ad un giornalismo cronachistico ed asettico, che si limita ad informare e, se vuole commentare, cioè orientare, lo fa solo in appositi spazi che il lettore è libero di frequentare oppure no. E’ un vanto della stampa anglosassone, lo sappiamo, ma in buona o cattiva fede, anch’esso un inganno. I fatti in realtà non parlano mai da soli quando vengono riferiti. Parlano da soli solo quando se ne è testimoni diretti, ed anche in questo caso relativamente al punto di osservazione.

Akira Kurosawa ne ha fatto argomento di un capolavoro del cinema in Rashomon, una parabola pirandelliana sulla relatività e le molteplici sfaccettature della verità. Suchert sa benissimo che anche la fotografia è una tecnica manipolabile (e non sto parlando di fotomontaggi), e che le possibilità di manipolazione di una notizia che offre la carta stampata sono pressoché illimitate.

Tutti vi ricorrono, nessuno escluso. Chi ipotizza un giornalismo esente da questo marchio genetico è un illuso o un idealista. Sostengo però che la maggiore o minore approssimazione al modello è certamente elemento qualificativo se non di totale onestà, almeno di buona intenzione.

Credo che un analogo e parallelo relativismo di giudizio debba essere esercitato anche dal lettore, soprattutto con riguardo al ruolo che un giornale decide di svolgere in un determinato momento storico politico.

Quando Scalfari e Repubblica occhieggiavano con Craxi e De Mita ed accettavano la “conventio ad escludendum” (il fattore K) del PCI di Amendola e Berlinguer, un’autentica vigliaccata ai danni della moralità pubblica, ed un’occasione perduta per restituire dignità alla vita politica (Moro ne rimase vittima perché l’aveva intuito), io ne fui critico severo e censore.

Ne avevo il diritto, non solo in nome della libertà di opinione, perché ero uomo di parte, ma per la consapevolezza che Repubblica si stava rendendo complice, ai miei occhi, di un tradimento dell’interesse dei lavoratori e dei deboli, la cui difesa fu e resta lo scopo principale della mia personale e modesta battaglia politica.

C’è quindi un tempo, un modo ed una ragione per la critica e per il consenso. Oggi sostengo Repubblica, Mauro e Zucconi, perché sono l’unica voce di portata nazionale che ancora abbia il coraggio di opporsi al regime mediatico ed alle nefandezze di chi ci governa. Che lo faccia anche con contraddizioni, manipolazioni, uso smodato del gossip, al limite con qualche omissione o menzogna, non mi importa, perché s’è instaurata una vicinanza di visione morale, istituzionale e politica, che mi fa apparire naturale, logico e realistico essere al suo fianco in questa battaglia. Insomma, caro Daniel, voglio dirti in tutta franchezza che il tuo moralismo non paga, che è inopportuno e decisamente fuori bersaglio, perché (non so se te ne sei accorto, ma spero di no), offre il destro per mettere sullo stesso piano Repubblica ed il TG di Minzolini. Il che mi sembra francamente inaccettabile.

Paolo Raponi (5 ottobre 2009, alle 05:23)

Sono contributi come questo, e lo direi anche se lei avesse sostenuto gli argomenti opposti purchè argomentati e meditati, (inviateli, per favore, invece delle idiozie da gabinetto delle scuole medie) che giustificano l’esistenza di un blog aperto a tutti, e non rinchiuso nel narcisismo solipsista di tanti che esistono soltanto per permettere al titolare di specchiarsi nella propria vanità e infallibilità. (Vittorio Zucconi)

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