domenica 14 febbraio 2010

Scusate la contraddizione

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Quei telefoni tristi, se li intercetti li eviti
di Gabriele Romagnoli - da La Repubblica del 13/02/2010

Ma come parlano questi? Incrociano un "soggetto attuatore" e una "stellina del cazzo". Coniugano (malamente) il verbo "monitorare" («Tu monitorizza! Monitorizza il resto del mondo!») e (correttamente) quello "pigliarlo in culo".

Ci si consentano e scusino le espressioni (non nostre), ma questo non è francese, è "burocazzese", il linguaggio dei "ragazzacci della gelatina", gli untori di una corruzione spalmata come olio sul corpo, del reato. Poi si fa presto a dire che sono gli occhi e non la lingua lo specchio dell' anima, ma come ti esprimi in fondo sei.

Le parole vengono da una storia, segnalano scelte e scarti, percorsi e definitive affinità.

Aldo Moro estrasse le "convergenze parallele" da un sofferto universo che cercava di trasformare l' inconcludenza politica in logica matematica, elevandola all' insolubilità parafilosofica del quinto postulato di Euclide.

Diego Anemone che "bacia sul culo" ma "recepisce il discorso" è invece il prodotto lessicale di un ambiente costretto nel tecnicismo dei bandi d' appalto che si libera grevemente più che gioiosamente in una parolaccia infantile quanto lo è "una cosa megagalattica".

Il suo e degli altri "gelatinosi" è un vocabolario scarno e ferale, che ogni tanto si arrampica sugli specchi e cerca la parola giusta ("quando mi inquadrate ?" "debbo collocare mio figlio") con l' effetto stridente che avrebbero avuto le evocate "stelline" qualora si fossero presentate nell' hotel tutto "marmi, dipinti e cazzi", evidentemente fuori posto quanto loro stessi e il loro frasario da Accademia della Cricca.

Di nuovo non si dica che nelle intercettazioni, nelle trascrizioni delle parole in libertà, uno suona peggio di quant' è. Moggi scrive più o meno come telefonava. Ricucci in diretta è com' era al cellulare. Ma almeno aveva il gusto della battuta e qualcuna gli riusciva pure.

Poi è arrivata la decadenza del linguaggio intercettato, in tre passaggi che l' hanno rivelato greve, tortuoso, eufemistico, allusivo.

La discesa nel greve fu sancita dal memorabile Sottile, soltanto di nome, che dialogando col suo compagno di merende parlava di una donna "compatta, tipo Smart" e appurato che era di origini abruzzesi tirava in ballo "cinghiali, sì per via anale". E giù risate.

Peggio ancora, per chi ascolta o legge, è il ricorso a terminologie da mattinale in questura, accrocchi da azzeccagarbugli di cui è esponente preclaro il "soggetto attuatore" nominato dal gelatinoso Della Giovampaola, probabilmente cognato del "soggetto attenzionato" scaturito dalla velina al veleno sull' ex direttore di "Avvenire", Dino Boffo.

I ragazzacci si perdono in giri di parole per non far trasparire quel che (come disse con soave perentorietà a proposito del caso Noemi l' onorevole D' Alema) "grosso modo s' è capito".

Nella fattispecie: vi siete intascati i soldi e adesso andate a godervela. Ma è il terzo livello quello che non si sopporta: l' allusione, l' eufemismo, il chiamare le cose per diverso nome o sminuirle per non portarne il peso. Qui la madre di tutte le espressioni è stata l' "utilizzatore finale" coniato dal geniale pandettista Niccolò Ghedini, autore del Nuovo Codice di diritto ad personam. Questi gli vanno dietro con le "situazioni" (manco fossero l' indimenticabile Toni Servillo in "L' uomo in più" quando, simil Califano, s' aggira in discoteca allupato domandando: "C' è situazione?"). Meglio allora la scoperta (poi ricoperta) schiettezza della "ripassata", meglio il linguaggio del sottosegretario Bertolaso (infatti a disagio quando gli suggeriscono l' allusione del "sopralluogo" mentre lui vuole una bella seduta di terapia come si deve).

Lui sì che dice le cose come stanno, con sprezzo del ridicolo: "Mando due ragazzi. Li intercetti te?". Comandi. Hanno eseguito eccome. E noi qui a rileggere, convincendoci che in questo Paese, scusate la contraddizione in termini, se li intercetti li eviti.

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