
giovedì 16 luglio 2009
Sunrise

giovedì 9 luglio 2009
La moto in corsa tra i due camion

da "La Repubblica" dell' 8/7/2009 (di Gabriele Romagnoli)
Un uomo soltanto. Un minuto appena. E l' indice Mib 30 fu sollevato dell' 1,73%. Non ci guadagnò nessuno tranne lui. Stava a Londra, spostò con una spallata la Borsa di Milano, entrò, uscì, guadagnò due miliardi di vecchie lire. In sessanta secondi. Come infilarsi guidando la moto in autostrada nella fessura tra due camion allineati in corsie parallele.
Dicevano avesse fatto il broker per cercare adrenalina. La trovò. Poi fu condannato, tra i primi in Italia, per aggiotaggio. Era l' ultimo venerdì d' agosto del 1997, sul calendario c' era il numero 29. Governava Prodi (per un po' ancora), superministro dell' Economia era Ciampi, che proprio in quella data commentò con soddisfazionei dati Istat del secondo trimestre: segnalavano un possibile tasso di crescita dell' 1,2%.
La scelta di quel giorno per la "spallata" fu strategica. Era l' ultimo di contrattazioni della settimana, del mese, della stagione di ferie. Il lunedì successivo, in America, era festa nazionale e Wall Street non avrebbe aperto. Un limbo. Una bolla. Per renderla ancora più impalpabile scelse l' ultimo minuto, il giro finale prima della campana, il momento in cui i suoi colleghi toglievano la giacca dalla spalliera della scrivania, la testa già voltata, il pensiero al dopo, alla serata, al week end, alla ripresa d' autunno.
Entrò in azione poco prima delle 16 e 59. Piazzò l' ordine da un telefono della Merryl Linch di Londra, dove lavorava. Chiamò l' Euromobiliare di Milano e "fece la spesa": ordinò quelli che in gergo borsistico erano definiti "200 basket di titoli del Mib 30". Controvalore: 40 miliardi di lire. La Borsa era stata fiacca tutto il giorno. L' indice di Piazza Affari segnava -0,3%, il Mib 30 ristagnava a 21000, indice negativo. Gli scambi, già limitati, si erano ridotti con il passar delle ore, dei minuti.
Alle 16 e 59 il mercato era una pozzanghera, un encefalogramma piatto. Quell' ordine da Londra fu come la puntura di adrenalina nel cuore che, in Pulp Fiction, John Travolta fa a Uma Thurman, svegliandola dal coma. Se Piazza Affari fosse stato il solito mare agitato l' acquisto avrebbe fatto spuma sull' onda, ma nella pozzanghera dell' ultimo minuto dell' ultimo giorno dell' ultima settimana di vacanze sollevò un piccolo tsunami. Trascinò in positivo tutti gli indici: Piazza Affari salì a + 1,2 in un battito di ciglia, il Mib 30 seguì a ruota. I broker si girarono di scatto, la giacca infilata in una sola manica, videro l' effetto, non capirono la causa, ma soprattutto non fecero in tempo a concepire la reazione: il mercato aveva già chiuso.
Se ne riparlava lunedì, in Europa, martedì in America. Se ne andarono con un leggero stordimento, come se qualcuno, al fondo dell' innocente succo di frutta che stavano bevendo, ma proprio al fondo, avesse aggiunto, mentre erano distratti, due gocce di una qualche sostanza proibita. Il lunedì successivo, all' apertura dei mercati, per prima cosa qualcuno a Londra rivendette i futures che aveva comprato nel pomeriggio di quel venerdì. Lucrò sulla differenza. E guadagnò due miliardi di lire. In un minuto. Aveva spostato il mercato da solo: il suo ordine d' acquisto il quel minuto rappresentò l' 85% del volume di scambi.
Dalle 16 e 59 alle 17 la Borsa era stata lui, Gian Marco Mensi, trader di successo, uomo a caccia di adrenalina. Quel sussulto non passò inosservato. Sessanta secondi anomali finirono sotto la lente della Consob che, almeno in quella occasione, guardò attentamente, seguì la scia sismica da Milano a Londra alla scrivania di Mensi. Ricostruì le sue mosse, ne valutò la legittimità: in fondo, obiettò la sua difesa, è lecito comprare titoli, anche in gran quantità e all' improvviso. Il giudice fu di avviso diverso. Scrisse nella sentenza di condanna, emessa nel 2002 (e confermata in appello e cassazione), la prima in Italia per quel reato: «L' artificio utilizzato dal Mensi era il c.d. marking the close, consistente nella conclusione di contratti nella fase finale della seduta borsistica in modo da far segnare un last price elevato, tale da fuorviare gli altri investitori, con l' intenzione di rivendere alla riapertura della seduta i titoli acquistati al più presto possibile, prima che gli altri operatori di borsa potessero mettere in atto una strategia adeguata». Si era infilato tra i due camion allineati a velocità contenuta e gli era schizzato davanti. Adrenalina pura. Quando ne videro il riflesso nel retrovisore era già lontano, con due miliardi di lire in tasca. Lo ha raggiunto, lenta ma inesorabile, una pattuglia della stradale.
Di nuovo sull' ottovolante

mercoledì 8 luglio 2009
Business is business

.
Tra affari e repressione
da "La Repubblica" del 7/07/2009 / di Federico Rampini
Due miliardi di dollari di investimenti in Italia. 156 morti nella rivolta della minoranza islamica uigura. Una terribile contraddizione pesa sulla visita del presidente cinese Hu Jintao a Roma. La cronaca è dilaniata, schizofrenica: da una parte la passerella trionfale di fronte al governo italianoe alla Confindustria; dall' altra il tragico bollettino di guerriglia urbana dalla Cina.
Tocca a Napolitano, da solo, sollevare il problema: «Il progresso economico e sociale della Cina pone nuove esigenze in materia di diritti umani». Il governo invece, a partire dal presidente del Consiglio, tace sull' argomento.
Eppure il bilancio della sommossa di Urumqi evoca il più grave massacro dopo quello del 4 giugno 1989 a Piazza Tienanmen. A vent' anni di distanza tocca alla minoranza islamica dello Xinjiang subire l' implacabile macchina repressiva della Repubblica Popolare.
Accade proprio mentre il leader di Pechino guida una delegazione di imprenditori a caccia di investimenti nelle aziende italiane, e poi si accinge a recitare un ruolo da protagonista al G8 dell' Aquila.
Hu Jintao avrebbe fatto a meno di questo "incidente" per la sua immagine proprio alla vigilia del summit. Così come, l' anno scorso, si sarebbe risparmiato volentieri la ribellione del Tibet a pochi mesi dalle Olimpiadi. Sospettoso come ogni sistema autoritario, il regime cinese vede complotti dappertutto. Nel 2008 denunciò una congiura del Dalai Lama contro le Olimpiadi. Oggi accusa Rebiya Kadeer, leader uigura in esilio anche lei ultrasettantenne, di aver fomentato violenze secessioniste a Urumqi.
Non c' è bisogno di una regìa esterna per spiegare l' esasperazione di tutte le minoranze sottoposte al giogo centralista di Pechino. Gli uiguri sono un' etnìa turcomanna che la Repubblica Popolare si è annessa dal 1949. La loro provincia ricca di materie prime è vastissima, e ha 5.600 km di frontiera esterna con otto nazioni di cui cinque di religione musulmana. I cinesi la chiamano Xinjiang ma gli uiguri continuano a preferire un altro nome: Turkestan orientale. Si sentono occupati, separati dai fratelli di fede musulmana che vivono oltre il confine, oppressi e discriminati.
E' una zona ad alta tensione, le turbolenze non sono nuove: nel solo 2005 secondo le autorità cinesi furono arrestati 18.227 uiguri per "minacce alla sicurezza nazionale". Gli otto milioni di uiguri dello Xinjiang sono una infima minoranza rispetto al miliardo e 300 milioni di cinesi Han; proprio come in Tibet, è in corso una politica di "assimilazione forzata" che mortifica la cultura e la religione locale, incoraggia una massiccia immigrazione di cinesi Han per ribaltare gli equilibri demografici.
Ma per quanto piccola, la diaspora islamica è diffusa in tutte le provincie della Repubblica Popolare. Non a caso la scintilla di quest' ultima rivolta sembra sia stato il linciaggio ad opera di cinesi di due operai uiguri emigrati a Canton.
La causa degli uiguri non ha un vate dal carisma universale del Dalai Lama; non gode in Occidente di simpatie equivalenti al popolo tibetano. In passato il governo di Pechino ha tacitato gli americani evocando collegamenti fra i secessionisti islamici e Al Qaeda; tanto più che alcuni militanti uiguri furono detenuti a Guantanamo, dopo essere stati catturati tra i talebani in Afghanistan.
Ma come il Tibet, anche lo Xinjiang è la prova che il sistema post-comunista soffre di una rigidità insostenibile. La cultura politica della leadership tecnocratica di Pechino - alla terza generazione dopo Mao - resta incapace di immaginare soluzioni federaliste che diano spazio all' autonomia delle minoranze. La rabbia degli uiguri che si è scatenata contro gli Han è stata ripresa con immagini agghiaccianti dalla tv di Stato di Pechino: come nel Tibet, i mass media soffiano sul nazionalismo della maggioranza cinese per legittimare il pugno di ferro.
Hu Jintao calcola che la Cina non pagherà alcun prezzo politico all' estero. E' l' impressione che gli hanno dato ieri la maggioranza dei suoi interlocutori italiani. Berlusconi ha dichiarato che "guardare alla Cina ci può tirare fuori dalla crisi"; i ministri Scajola e Urso hanno celebrato una "svolta storica"; la Fiat ha incassato un' importante joint venture sul più vasto mercato automobilistico del pianeta.
La stessa Italia che in tempi recenti invocava il protezionismo, si scopre filocinese ora che la Repubblica Popolare è una superpotenza finanziaria in grado di esportare capitali. Lo European Council of Foreign Relations definisce la politica italiana verso Pechino "mercantilismo amorale".
Anche gli altri leader del G8 saranno costrettia usarei guanti di velluto con Hu Jintao. All' Aquila il leader cinese si presenta in una posizione di forza. Guida l' unica grande economia che ha saputo evitare la recessione. E' il principale creditore degli Stati Uniti. Sta allargando la sua influenza in Africa, in America latina, con una campagna acquisti al confronto della quale gli investimenti in Italia sono pochi spiccioli. Hu Jintao è arrivato al G8 ben deciso a far pesare il suo status: chiede un ridimensionamento del ruolo globale del dollaro; un maggiore peso della Cina nelle istituzioni sovranazionali come il Fmi; condanna come "protezionismo pseudo-ambientalista" la carbon tax varata dagli Stati Uniti sulle importazioni dai paesi ad alto tasso di inquinamento.
La questione dei diritti umani forse resterà per il presidente cinese solo un fastidioso rumore di fondo; i suoi interlocutori si limiteranno a invocare "moderazione" nella risposta ai disordini dello Xinjiang. Le opinioni pubbliche democratiche ne ricaveranno una conferma dell' irrilevanza del G8.
Il genio

Il lungo sogno fra est e ovest
da "La Repubblica" del 7/07/2009 - di Vittorio Zucconi
Esattamente 64 anni dopo l' esplosione di «Trinity», il primo ordigno atomico costruito dall' umanità, il 16 luglio del 1945 ad Alamogordo, tocca adesso a Barack Obama e a Vladimir Putin tentare l' impresa forse ormai impossibile di riportare il genio «distruttore di mondi» dentro la bottiglia dalla quale fu improvvidamente liberato.
Quello che non è riuscito a otto presidenti americani, da Eisenhowera Bush il Giovane,e non vollero, o non seppero fare Krusciov, Brezhnev, Gorbaciov ed Elstin ora cerca di fare Obama con il recalcitrante Putin. Lo fa seguendo un lungo binario di accordi per il controllo e la riduzione dei reciproci arsenali che danzano agilmente da un acronimo all' altro, Salt 1, poi Salt 2, ora Start, ma continuano a lasciare russi e americani in possesso di gigantesche scorte di ordigni, contati a migliaia, mentre troppi demenziali aspiranti giocano alla mini superpotenza nucleare.
Per la generazione dei «figli della bomba» o suoi fidanzati come ormai siamo tutti, i 64 anni trascorsi fra Hiroshima a questo «nuovo inizio» di dialogo sulle testate nucleari sono stati un percorso di progressi a singhiozzo. Un viaggio di paure tremende e di speranze, alle quali ora possiamo aggiungere anche questa timida «rasputitza», come in russo si chiama il disgelo.
A ogni avvicendarsi di leader alla Casa Bianca o sulla Piazza Rossa, siano essi democratici, repubblicani, falchi, colombe, despoti comunisti o post comunisti, il viaggio infinito sembra ricominciare, per bloccarsi, e poi ripartire, senza che mai il traguardo immaginario, quello che Ronald Reagan chiamava «l' opzione zero-zero», l' azzeramento reciproco degli arsenali, sia faccia visibile o realistico.
Ma se le cifre che abbiamo sentito fare ieri a Mosca nel tentativo di preaccordo - perchè questo è - fra Obama e Medvedev sono insieme incoraggianti e più audaci di ogni altro trattato, il dramma dell' impresa impossibile si è fatto ancora più intenso di quanto fosse negli anni dei primi catastrofici fallimenti fra Krusciov, l' Eisenhower dell' U2 abbattuto nel 1960 o il Kennedy giudicato dall' ex contadino ucraino come un «ragazzo inesperto».
Nel 1963, quando per tre giorni d' ottobre il mondo guardò negli occhi il possibile avversarsi della cupa profezia di Oppenheimer davantri a Trinity, la prima generazione di «figli della bomba» aveva almeno la certezza che, trovato «l' inghippo» su Cuba per salvare la faccia a Usa e Urss, il genio malefico sarebbe stato sotto controllo.
La certezza della reciproca distruzione, la «Mad», Mutual Assured Destruction come l' ennesimo acronimo indicava aveva almeno garantito il sonno degli arsenali, anche se il numero di testate, la loro precisione, la loro capacità di moltiplicarsi e percorrere tragitti indipendenti aveva superato le 25 mila complessive, garantendo la morte di ogni creatura vivente sulla terra «per sette volte», come aveva detto, tristemente scherzando nell' assurdo, l' astrofisico Carl Sagan.
Gli scenari alla Kubrick nel suo Stranamore erano diventati via via meno credibili, con l' aumentare della comunicazione dirette fra Washington e Mosca anche oltre la mitica telescrivente sempre attiva. E sulla realtà oggettiva di questa certezza dell' impossibilità di «vincere», si era innestata la disponibilità soggettiva di leader decisi e mettere freno a una gara ormai priva di ogni senso strategico o politico. Nixon il fiero anticomunista «duro e puro», poi Ford, il successore designato, Carter il mite, poi Reagan il crociato contro l' Impero del Male, tutti, dal primo Strategic Arms Limitation Treaty, il Salt 1, firmato a Mosca nel 1972 per limitare la crescita delle testate e dei mezzi per lanciarle, misero il proprio nome accanto a quello del «nemico».
Persino Ronald Reagan, che era stato sorpreso in fuori onda a dire, scherzando, «cari concittadini, da pochi minuti abbiamo cominciato il bombardamento dell' Unione Sovietica» e che aveva esasperato il Cremlino con la sua, allora immaginaria, «muraglia spaziale» antimissile, divenne colui che si sarebbe appartato con Gorbaciov in un bosco di Ginevra per convincerlo al salto di qualità, cioè alla riduzione, non più soltanto alla limitazione della crescita.
E poco dopo, a Rejkjavik, nella casetta bianca sul porto islandese troppo piccola per contenere le delegazioni costrette a incontrarsi anche nei bagni, avrebbe sbigottito tutti, compresi i suoi collaboratori e ministro, proponendo a «Gorby» lo zero a zero. Ma quell' accordo per una volta davvero «storico» firmato da Reagan e Gorbaciov nel 1991 precedette di soli cinque mesi il collasso definitivo dell' Urss regalando all' America e all' Occidente la più ironica delle vittorie.
Quando il genio parve finalmente ridimensionato, il crollo dell' Urss, il trionfo della jihad islamica in Afghanistan, nutrita e incoraggiata da Washington in funzione anti Urss, e i primi, visibili progressi della Cina, segnalarono che il male si stava metastasizzando.
E che il genio malefico cominciava a estendere il proprio richiamo ben oltre quella rotaia Mosca - Washington sulla quale aveva viaggiato per mezzo secolo. Dunque il possibile, se non probabile ormai, accordo fra Obama e Putin per ridurre ancora l' entità dei loro arsenali rischia di essere un sogno realizzato troppo tardi. Con bombe, testate, materiale radioattivo di qualità bellica presente in nazioni come il Pakistan, la Corea del Nord, presto l' Iran, ogni accordo suona alle orecchie di noi figli e ostaggi della bomba, come la bottiglia rinchiusa quando il genio evocato nei deserti del New Mexico se ne è già andato per sempre.
Sunny
On 23 November 1963, the day after John F. Kennedy's assassination, Harold Hebb was killed in a knife fight outside a Nashville nightclub. Hebb was devastated by both events and sought comfort in songwriting. Though many claim that the song he wrote after both tragedies was the optimistic "Sunny", Hebb himself says otherwise. He immersed himself in the Gerald Wilson album, "Would You Believe", for comfort.
"All my intentions were just to think of happier times – basically looking for a brighter day – because times were at a low tide. After I wrote it, I thought "Sunny" just might be a different approach to what Johnny Bragg was talking about in "Just Walkin' in the Rain".
da WIKIPEDIA
-----------------------------
Lyrics
Sunny
Yesterday my life was filled with rain
Sunny
You smiled at me and really eased the pain
Oh the dark days are gone and the bright days are here
My sunny one is shines sincere
Sunny, one so true
I love you
Sunny
Thank you the sunshine bouquet
Woah, sunny, thank you love that you brought my way
Oh now you gave to me your all and all
And now i feel like im ten feet tall
Sunny, one so true
I love you
Sunny
Thank you for the smile thats upon your face
Sunny
Thank you for that gleam that flows with grace
Your my spark of natures fire
Your my sweet, complete desire
Sunny, one so true
I love you
-----------------------------
La versione originale cantata da Bobby Hebb...
...una splendida cover di James Brown...
...una versione funky dei Jamiroquai...
...una versione Jazz con contaminazioni Funk...
...e un' altra cover in stile "Paolo Conte" - stavolta home-made - di questa splendida canzone!
martedì 7 luglio 2009
Riforma del processo civile

Tempi più brevi per le cause civili e riduzione della metà dei termini per i ricorsi
(Legge 69/2009)
Tempi più brevi per le cause civili e dimezzati i termini per i ricorsi; filtro ai ricorsi in Cassazione; possibilità di testimonianze scritte; sanzioni più elevate per chi presenta istanze di ricusazione inammissibili o infondate, e penalizzazioni economiche per chi rifiuta senza motivo un tentativo di conciliazione. Inoltre aumenta la competenza del giudice di pace.
Sono le novità contenute nella riforma del processo civile in vigore dal 4 di luglio. Le novità sono contenute nel Capo IV della legge 18 giugno 2009, n. 69 - Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile, pubblicata sulla gazzetta Ufficiale del 19 giugno.
Per quel che riguarda il particolare il giudice di pace ci si potrà rivolgere a lui per le cause per un valore fino a 5.000 euro (in precedenza era 2.582,28), e fino a 20.000 euro per i danni da circolazione dei veicoli.
Per sveltire i procedimenti è poi prevista la determinazione da parte del giudice del calendario del processo, e se viene proposta una conciliazione non accettata dalla parti, quando il giudice accoglie la domanda in misura non superiore alla proposta conciliativa, condanna al pagamento delle spese processuali maturate dopo la formulazione della proposta la parte che l'ha rifiutata senza giustificato motivo.
Inoltre, si concedono le deleghe al governo per riformare la giustizia amministrativa, sfoltire le forme processuali e facilitare la conciliazione nel settore commerciale e civile.
Se poi viene presentata una richiesta di ricusazione palesemente inammissibile, il giudice, con l’ordinanza con cui la rigetta ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria fino a 250 euro.
In materia di ricorsi, poi l'appello, il ricorso per Cassazione non possono essere promossi superato il termine di sei mesi dalla pubblicazione d ella sentenza, contro i 12 mesi previsti in precedenza.
Il ricorso in Cassazione, infine, è inammissibile quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa; quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei princìpi regolatori del giusto processo.
--------------------
Art. 47.
(Ulteriori modifiche al libro secondo del codice di procedura civile)
1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l’articolo 360 è inserito il seguente:
«Art. 360-bis. – (Inammissibilità del ricorso). – Il ricorso è inammissibile:
1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;
2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei princìpi regolatori del giusto processo»;
Out of club?

While US tries to inject purpose into meeting, Italy is lambasted for poor planning and reneging on overseas aid commitments
Julian Borger, diplomatic editor guardian.co.uk, Monday 6 July 2009 19.30
Preparations for Wednesday's G8 summit in the Italian mountain town of L'Aquila have been so chaotic there is growing pressure from other member states to have Italy expelled from the group, according to senior western officials.
In the last few weeks before the summit, and in the absence of any substantive initiatives on the agenda, the US has taken control. Washington has organised "sherpa calls" (conference calls among senior officials) in a last-ditch bid to inject purpose into the meeting.
"For another country to organise the sherpa calls is just unprecedented. It's a nuclear option," said one senior G8 member state official. "The Italians have been just awful. There have been no processes and no planning."
"The G8 is a club, and clubs have membership dues. Italy has not been paying them," said a European official involved in the summit preparations.
The behind-the-scenes grumbling has gone as far as suggestions that Italy could be pushed out of the G8 or any successor group. One possibility being floated in European capitals is that Spain, which has higher per capita national income and gives a greater percentage of GDP in aid, would take Italy's place.
The Italian foreign ministry did not reply yesterday to a request to comment on the criticisms.
"The Italian preparations for the summit have been chaotic from start to finish," said Richard Gowan, an analyst at the Centre for International Co-operation at New York University.
"The Italians were saying as long ago as January this year that they did not have a vision of the summit, and if the Obama administration had any ideas they would take instruction from the Americans."
The US-led talks led to agreement on a food security initiative a few days before the L'Aquila meeting, the overall size of which is still being negotiated. Gordon Brown has said Britain would contribute £1.1bn to the scheme, designed to support farmers in developing countries.
However, officials who have seen the rest of the draft joint statement say there is very little new in it. Critics say Italy's Berlusconi government has made up for the lack of substance by increasing the size of the guest list. Estimates of the numbers of heads of state coming to L'Aquila range from 39 to 44.
"This is a gigantic fudge," Gowan said. "The Italians have no ideas and have decided that best thing to do is to spread the agenda extremely thinly to obscure the fact that didn't really have an agenda."
Silvio Berlusconi has come in for harsh criticism for delivering only 3% of development aid promises made four years ago, and for planning cuts of more than 50% in Italy's overseas aid budget.
Meanwhile, media coverage in the run-up to the meeting has been dominated by Berlusconi's parties with young women, and then the wisdom of holding a summit in a region experiencing seismic aftershocks three months after a devastating earthquake as a gesture of solidarity with the local population.
The heavy criticism of Italy comes at a time when the future of the G8 as a forum for addressing the world's problems is very much in question. At the beginning of the year the G20 group, which included emerging economies, was seen as a possible replacement, but the G20 London summit in April convinced US officials it was too unwieldy a vehicle.
The most likely replacement for the G8 is likely to be between 13- and 16-strong, including rising powers such as China, India, Brazil, Mexico and South Africa, which currently attend meetings as the "outreach five" But any transition would be painful as countries jostle for a seat. Italy's removal is seen in a possibility but Spanish membership in its place is unlikely. The US and the emerging economies believe the existing group is too Euro-centric already, and would prefer consolidated EU representation. That is seen as unlikely. No European state wants to give up their place at the table.
Alcuni tra i commenti più interessati postati in coda all' articolo sul sito guardian.co.uk...
worried
07 Jul 09, 11:13am
Let's put it this way, shall we?
1. None of the G8 members have anything to propose, but let's hide that behind an attack on Italy.
3. Berlusconi has decided to place all these pious politicians in a spot where real urgency and potential for human disaster can be felt through their feet and into their stomachs. Not a bad idea at all!!.
4. Turning on Berlusconi is simply political opportunism of the lowest kind that we rarely see out in the open.
5. Going crying to Mr Obama is either a lying slant on what is going on or a statement so dire of collective EU political backbone that the press should be taking it up.
Just to be clear to all those who think I may be ignorant of the 'Berlusconi' epic,
this article in my opinion should be about the G8 and its effectiveness and not Berlusconi.
The G8 is a collective body. It is outrageous to place collective uselessness, collective unwillingness, collective hypocrisy on the back of the organiser of this G8 using the angle that Berlusconi should be rubbished.
Have you already forgotten the photo ops with Bliar, with Sarwhosehe et al?
Come on guys? React.
monopolyongod
07 Jul 09, 11:43am
Spain could hack it. It is, suprisingly, a very un-doctranaire country. The media is, of course, owned by pressure groups, but they are reasonably well-distributed. And here we don´t have plastic olive trees planted for the EU satellite subsiduary count. We have olive trees.
FarmingFirst
07 Jul 09, 12:04pm
MartynInEurope
07 Jul 09, 12:09pm
Landes
07 Jul 09, 12:16pm
Whatever shape the world will be in in ten or twenty years time, the presence of Italy will be a sign that an organisation is beyond use. Italy's only hope is secession of the northern half/third to reconnect politicians at the state level with how the country really works and thinks. Otherwise its future is that of a cultural disneyland, glad to have the legacy of the past to allow it to make some money in the present.
lunedì 6 luglio 2009
La nuova ondata

Gheddafi, a sud del Sahara, oggi è soltanto un esecutore di decisioni prese a Parigi. Per fermare o rallentare la marcia dei clandestini verso il loro futuro, Berlusconi dovrebbe piuttosto chiedere l'intervento del presidente francese Nikolas Sarkozy: perché la via ai trafficanti di uomini è stata riaperta proprio grazie alla guerra dei tuareg. Una guerra per l'uranio sostenuta dalla Francia nella regione di Agadez.
Ecco come si inventa una guerra in Africa.
Autunno 2006
Il governo del Niger, grande esportatore di uranio dopo il Canada e tra i paesi più poveri al mondo, dichiara di voler affidare la ricerca mineraria a tutte le società che meglio pagano le concessioni. Il colosso statale francese Areva vuole per sé tutti i primi 35 permessi di ricerca messi sul mercato. La diplomazia di Parigi pretende di far valere un accordo militare del 1961 che stabilisce: "La Repubblica francese è tenuta informata dei programmi e dei progetti concernenti esportazione delle materie prime e dei prodotti strategici... La Repubblica del Niger garantisce la priorità della loro vendita alla Repubblica francese dopo aver soddisfatto le necessità di consumo interno". Il Niger non ha centrali nucleari e nemmeno bombe atomiche.
Gennaio 2007
La Francia perde il monopolio dell'uranio in Niger. Il governo concede la ricerca dei giacimenti nella regione di Agadez, la zona tuareg, a Canada (15 permessi), Australia (7), Sudafrica (6), Francia (4, tutti ad Areva), India (3), Cina (2), Russia (2), Stati Uniti (1), Emirati Arabi (1), Regno Unito (1), Isole Vergini (1).
8 febbraio 2007
Attacco terroristico con armi pesanti contro l'esercito del Niger nell'oasi di Iferouane da parte di un commando tuareg. Da quel momento il commando si fa chiamare Movimento dei nigerini per la giustizia (Mnj).
30-31 marzo 2007
Il colonnello libico Muhammar Gheddafi, in visita ad Agadez, dichiara alla folla che Gesù non è morto sulla croce. Forse un messaggio in codice. Nelle settimane successive si scopre che il seguito di Gheddafi ha fatto arrivare nella regione casse con armi e munizioni per il movimento tuareg.
14-19 aprile 2007
Danni e feriti per l'esplosione delle mine piazzate dal Mnj a nord di Iferouane. Sono vecchi ordigni italiani e cecoslovacchi comprati in Ciad dopo la sospensione delle operazioni di sminamento sostenute dalle Nazioni Unite.
20 aprile 2007
Rapina di telefoni satellitari da parte dei tuareg del Mnj al cantiere della società nucleare francese Areva a Imouraren, secondo giacimento di uranio al mondo, ancora da sfruttare.
21-22 aprile 2007
Offensiva dell'esercito all'Adrar Chiriet, ai margini del deserto del Ténéré. Contrattacco del Mnj.
22 aprile 2007
Un convoglio militare con cinque fuoristrada salta sulle mine.
2 giugno 2007
Il Mnj accusa l'esercito di aver assassinato tre anziani tuareg. Gli 007 dell'esercito rispondono che si trattava di pastori incaricati dal Mnj di piazzare mine dietro il compenso di 160 mila franchi, 243 euro, l'equivalente di dieci mesi di stipendio di un soldato.
17 giugno 2007
Il Mnj attacca l'aeroporto di Agadez.
22 giugno 2007
Sconfitta dell'esercito nel villaggio di Tazarzayt: 15 morti, 72 prigionieri, 43 feriti. Ucciso Aboubacar Alambo, fondatore del Mnj.
26 giugno 2007
Espulsione dal Niger di Gilles de Namur, ex addetto militare all'ambasciata di Francia e responsabile per Areva della protezione del megagiacimento di uranio a Imouraren. Si scopre che Areva aveva a libro paga, per 85mila 365 euro, il capitano Mohamed Ajidar, poi diventato uno dei comandanti dei tuareg.
12 luglio 2007
Su Tele Sahel, la tv di Stato, un deputato e i rappresentanti della società civile accusano Francia e Areva di sostenere la guerra tuareg.
19 luglio 2007
Nuove accuse alla Francia e ad Areva dalla televisione di Stato.
21 luglio 2007
Il presidente dell'Alta corte di giustizia del Niger chiama in causa l'imperialismo libico.
23 luglio 2007
Attacco a una colonna dell'esercito: 10 morti, sostiene il Mnj.
24 luglio 2007
Ordine d'arresto ed espulsione firmato dal ministro dell'Interno contro Dominique Pin, direttore generale di Areva Niger. Pin è in Francia ed evita il carcere. Il colonnello Gheddafi regala la scena internazionale al presidente francese Nicolas Sarkozy, offrendo e concedendo alla Francia la liberazione delle infermiere bulgare accusate di aver infettato i bambini con il virus dell'Aids.
5 agosto 2007
Incontro a Niamey tra il segretario di Stato alla Difesa francese, Jean-Marie Bockel e il presidente del Niger, Mamadou Tandja. Firma dell'accordo tra il governo del Niger e Areva sull'aumento del prezzo del minerale di uranio venduto alla Francia: da 41 a 60 euro al chilo.
9 agosto 2007
Attacco del Mnj al deposito di carburante di Agadez e alla centrale elettrica.
20 agosto 2007
Un camion militare salta sulle mine nella zona dei giacimenti.
25 agosto 2007
Il presidente del Niger dichiara lo stato d'allerta nella regione di Agadez. È guerra.
Fine agosto 2007
Espulsione dal Niger di Kassoum Namari, console di Libia ad Agadez, per ingerenza negli affari interni.
Inverno-autunno 2008
Proseguono combattimenti e imboscate.
Novembre 2008
Guerriglieri tuareg, militari e trafficanti libici, nigerini e nigeriani si accordano sottobanco ad Agadez per organizzare il traffico di clandestini verso l'Italia, bloccato dall'esercito dal 2005.
14 dicembre 2008
Rapimento in Niger dell'ambasciatore Robert Fowler, inviato dell'Onu, di Louis Guay e del loro autista nigerino Soumana Mounkaila: Fowler e Guay, canadesi, si stavano occupando di giacimenti.
5 gennaio 2009
Accordo tra il governo del Niger e l'ad di Areva, Anne Lauvergeon, per lo sfruttamento del mega-giacimento di Imouraren che garantirà alla Francia 5 mila tonnellate all'anno di uranio per 35 anni, il doppio di quanto Areva già estrae in Niger.
2 febbraio 2009
Gheddafi ottiene l'elezione a presidente dell'Unione africana.
24 febbraio 2009
Areva in crisi finanziaria cerca clienti. Patto tra Berlusconi e Sarkozy per il ritorno al nucleare in Italia.
14 marzo 2009
Gheddafi, in visita a Niamey, vuole imporre l'amnistia per i tuareg che depongono le armi. Ormai la guerra non serve più.
27 marzo 2009
Il presidente Sarkozy vola a Niamey per firmare la convenzione sul megagiacimento di Imouraren.
Da novembre 2008 migliaia di persone sono passate dalla città rossa per andare a nord. Con un record di partenze tra gennaio e febbraio: quasi 10 mila ragazzi e ragazze in fuga dall'Africa occidentale. Dalla prossima estate capiremo se questa generazione di ventenni avrà trovato lavoro in Libia o apparirà nei telegiornali sui barconi alla deriva nel Mediterraneo. Il loro obiettivo, dicono, è arrivare in Italia o da qualche parte in Europa.
Il 24 febbraio Berlusconi ha incontrato Sarkozy. Ma non gli ha parlato di immigrazione. I due hanno discusso di ritorno all'energia nucleare in Italia. E di contratti per miliardi di euro da oggi al 2030 a vantaggio di Parigi. Areva, il colosso statale del nucleare francese, ha bisogno di nuovi clienti. Perché dal 2012 la società avrà così tanto uranio a disposizione che, per ammortizzare un investimento iniziale di 1,2 miliardi di euro, deve trovare subito qualcuno disposto a comprarlo. Altrimenti rischia di pagare cara la crisi finanziaria in cui è caduta. Tutto quell'uranio, però, non è ancora arrivato in Francia. Per il momento è in Niger, vicino ad Agadez: a Imouraren, sotto la sabbia nel mega-giacimento che comincerà a produrre fra tre anni, il secondo al mondo dopo McArthur River in Canada.
Quello che nella sua visita a Roma il 24 febbraio Sarkozy non ha detto a Berlusconi è che la Francia in Niger ha giocato una partita sporca. Come era abituata a fare in Africa ai tempi del generale Charles de Gaulle. E solo alla fine Areva è riuscita a strappare al Canada e alla Cina la concessione per il mega-giacimento di Imouraren. Ma Sarkozy nemmeno ha raccontato a Berlusconi che i tuareg, sostenuti dagli 007 francesi nei giochi di guerra, si sono rimessi a trafficare con gli emigranti che vogliono approdare in Italia. In fondo, si tratta sempre di energia e forza lavoro destinate ad alimentare l'economia europea. La differenza è che i minerali di uraninite trasformati in sali di uranio viaggiano protetti fino agli impianti di arricchimento in Francia. Gli emigranti sono invece sottoposti a ogni tipo di violenze e il 12 per cento muore prima di arrivare in Europa."
da "La nuova ondata", inchiesta di Fabrizio Gatti de L'espresso (26/03/2009)
Dirty play

domenica 5 luglio 2009
Alla deriva

"Se (...) il computer e Internet hanno trasformato il flusso delle informazioni, l'avvento del container ha rivoluzionato il flusso planetario di tutte le merci, dalle materie prime agli oggetti di consumo. I vestiti che indosso in questo momento, i mobili di casa mia, il mio telefonino, il computer, gli ingredienti del mio pranzo: quasi tutto è arrivato via mare o su Tir o su treno, al supermercato o nella boutique, dopo essere stato imballato e caricato in uno dei milioni di container, rigorosamente identici per formato e dimensioni che attraversano i continenti senza sosta, nel viavai incessante del commercio globale Per anni ci siamo abituati al fatto che le merci cinesi ci arrivavano in casa a una frazione del costo degli stessi prodotti fatti a Biella o Treviso. In realtà è il crollo dei costi di trasporto che ha cambiato la logica degli scambi, ha sconvolto la specializzazione internazionale del lavoro. C'è un mondo "prima" e "dopo" l'avvento del container.
Green taxes

sabato 4 luglio 2009
New priorities
