lunedì 6 luglio 2009

Dirty play

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"(...) "il sistema della porta girevole": l'interscambiabilità dei ruoli, l'osmosi tra pubblico e privato, le carriere che si alternano tra i vertici dello Stato e i vertici del capitalismo. Ci fu un tempo in cui l'Europa studiava con ammirazione questo modello. Ci sembrava la garanzia di un flusso di competenze eccellenti dentro l'amministrazione pubblica. Rispetto a certe leve di burocrati nostrani cresciuti solo nei corridoi ministeriali, gli uomini di Stato americani conoscono l'economia reale, si sono cimentati con il mondo del business, portano nella politica il pragmatismo e la concretezza. Ora i difetti di quel sistema sono emersi alla luce del sole. Le regole e i controlli che dovrebbero disciplinare la finanza vengono disegnati da chi è troppo contiguo con i vertici del capitalismo.

Una conferma del pericolo si è avuta nelle prime mosse dell'amministrazione Obama alle prese con il groviglio dei tutoli tossici. Nell'aprile 2009, mentre a Londra Obama e gli altri leader dei paesi del G20 assumevano l'impegno solenne di varare regole più severe sui mercati finanziari, alla chetichella l'America ha fatto un passo indietro riscoprendo la deregulation a favore della "finanza creativa". L'authority che fissa le norme sulla contabilità ha deciso di allentare i criteri di valutazione dei titoli tossici. Fino a quel momento valeva una norma chiamata "mark-to-market": le banche erano tenute ad assegnare ai titoli che possiedono un valore calcolato in tempo reale in base alla loro quotazione di mercato. E' così che i maggiori istituti di credito del mondo sono stati costretti a rivelare delle voragini nei loro bilanci. Montagne di titoli-spazzatura, infatti, non trovano acquirenti sul mercato se non a prezzi che sono una minuscola frazione del loro valore teorico (quello nominale o di emissione). Di fronte a questa diffidenza dei mercati e alla latitanza di acquirenti, i banchieri erano obbligati a svalutare i loro portafogli-titoli, con una spirale di perdite. E' quella regola contabile che ha precipitato i fallimenti bancari (come Lehman), le nazionalizzazioni ufficiali o di fatto (da Aig a Royal Bank of Scotland).

Poi è scattato il contrordine. Il Financial Accounting Standards Board (Fasb), authority che determina i requisiti della contabilità societaria, ha varato una sorta di indulgenza plenaria. Il "mark-to-market" è stato sospeso di fatto. Le banche possono usare un criterio più flessibile. Sono autorizzate ad attribuire ai loro titoli un "fair value", un valore equo che possono determinare a loro giudizio. I titoli tossici possono essere rivalutati d'incanto, se solo le banche che li detengono decidono che il loro valore reale è superiore a quello di mercato. Pazienza se non ci sono acquirenti a cui venderli; quei titoli spazzatura possono diventare ben più pregiati se questa è l'opinione di chi redige i bilanci. Di conseguenza si allenta sulle aziende di credito la pressione per rivelare le perdite legate al deprezzamento di quei titoli.

La svolta nei criteri contabili non era inattesa. Per mesi i banchieri si erano battuti con discrezione per ottenere la deregulation dei bilanci. Suscitando ulteriore indignazione tra i contribuenti americani, si è scoperto che le stesse banche seminazionalizzate, dopo aver ricevuto centinaia di miliardi di aiuti, hanno aumentato le loro spese di lobbying per far pressione sul Congresso e sull'amministrazione Obama.

I banchieri spiegano così la loro richiesa: nella crisi alcuni mercati di fatto hanno smesso di funzionare; l'assenza di fiducia ha fatto scomparire gli investitori per certi prodotti finanziari; in questo caso le quotazioni di mercato non hanno più senso e doverle usare è una penalizzazione assurda. Le perdite di bilancio, secondo questa tesi, sono temporanee perchè in futuro gli stessi titoli tossici potranno ritrovare acquirenti a valori più ragionevoli. Oppure le banche potranno tenersi i titoli fino alla scadenza, e non sempre i debitori che sono all'origine di quei titoli si riveleranno insolventi. Costringere le banche a deprezzare pesantemente quei titoli non fa che alimentare la spirale della sfiducia. Questi argomenti hanno fatto breccia nelle autorità e i banchieri l'hanno spuntata. Così il rischio si è spostato nuovamente altrove: dalla parte dei risparmiatori che devono accettare a scatola chiusa i bilanci bancari. All'origine di questa crisi ci fu proprio la mancanza di trasparenza. Quando le banche di tutto il mondo fecero incetta di titoli-spezzatino legati ai mutui subprime, quei titoli avevano l'etichetta della "tripla A" generosamente rilasciata dalle agenzie di rating. Tutte in conflitto di interessi, perchè pagate dagli emittenti dei titoli.

L'indulgenza contabile varata dal Fasb rischia di riprodurre i medesimi problemi: mancanza di trasparenza e conflitto d'interessi visto che saranno gli stessi banchieri ad attribuire un prezzo ai titoli che hanno in casa. Ma non aspettiamoci che sia Larry Summers a denunciare una congiura dei "soliti noti"."

da "Le dieci cose che non saranno più le stesse" di Federico Rampini

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