
"(...) altro elemento strutturale che fa da sfondo alla Grande Recessione è la prolungata crescita delle diseguaglianze sociali in tutti i paesi del mondo. I "trent'anni d'oro" lo sono stati molto di più per i profitti che per i salari. I ceti abbienti ne hanno beneficiato in modo sproporzionato. In America il reddito da lavoro è rimasto quasi fermo, e il potere d'acquisto delle famiglie è migliorato leggermente, solo perchè erano di più le donne che lavoravano.
Le cose non sono andate molto diversamente nella vecchia Europa. Lo studioso Jacques Attali ha calcolato che in Francia in vent'anni il valore dei patrimoni investiti in Borsa è cresciuto del 120%, gli stipendi medi solo del 15%, il salario minimo garantito al netto dell'inflazione è aumentato dello 0%.
Nel nostro paese la Banca d'Italia rileva che a partira dagli anni Novanta la distribuzione del reddito nazionale è mutata sistematicamente a vantaggio dei dirigenti, dei professionisti e dei lavoratori autonomi, a scapito della maggioranza degli stipendiati.
A questa crescita delle diseguaglianze, l'America ha trovato a suo modo una soluzione "democratica" proprio gonfiando gli con steroidi l'economia del debito. La bolla finanziaria Usa è stata in parte un enorme cuscinetto per attutire l'impoverimento di intere fasce della popolazione. Anzichè intervenire a favore dei lavoratori con una tassazione più progressiva dei ricchi, oppure con il potenziamento del Welfare State, gli si è fatto credito. Il mutuo subprime è stato la bandiera del "socialismo bancario": case a tutti, grazie alla magia dell'intermediazione finanziaria. E non solo case. La finanze facile ha incoraggiato gli americani a vivere al di sopra dei loro mezzi: automobili, elettrodomestici, vacanze, gli studi dei figli, ogni desiderio è stato soddisfatto grazie agli "anticipi" offerti dal sistema bancario. Anche i più poveri potevano vivere ben al di sopra delle loro possibilità. Su di loro naturalmente i creditori si premuravano di prelevare qualche percentuale in più. I tassi di massimo scoperto sulle carte di credito, per i clienti meno solidi, arrivavano facilmente al 30%. Si è diffuso "l'anticipo della busta paga", un credito a breve termine dispensato ai lavoratori da istituzioni senza scrupoli: tassi da usura, fino al 500%, per spendere la busta paga prima d'incassarla. Così la soluzione del problema sociale in America è stata affidata ai potentati di Wall Street, che naturalmente si sono presi qualche commissione per svolgere questo ruolo d'interesse pubblico.
L'allargarsi delle diseguaglianze ha avuto una proiezione planetaria: è un altro aspetto cruciale per capire la Grande Recessione. In questo gioco infatti è entrata la Cina. Anche il regime post-maoista ha adottato un modello economico squilibrato. Decisamente orientato alle esportazioni. Fondato sull'accumulazione dei profitti, un altissimo livello di investimenti, salari bassi, moneta debole e un patti di ferro nomenklatura-capitalisti. La diseguaglianza sociale all'interno della Repubblica popolare ha favorito la divisione internazionale del lavoro con l'Occidente. Le multinazionali delocalizzavano in Asia le loro fabbriche per ridurre i costi di produzione. Gli operai cinesi lavoravano per una grazione dei salari occidentali; nonostante questo risparmiavano molto per garantirsi un minimo di sicurezza in mancanza di uno stato sociale. Tessile e calzature, computer e telefonini, i prodotti a buon mercato made in China affluivano negli scaffali degli ipermercati Wal-Mart dal Nevada al Texas, per la felicità dei consumatori americani. Pechino accumulava attivi commerciali colossali. E reinvestiva puntualmente l'eccesso di risparmio interno finanziando l'America: acquistando i suoi buoni del Tesoro, o perfino i titoli spazzatura dei mutui-subprime.
I capitali asiatici reinvestiti in America sono diventati a loro volta un carburante illimitato per alimentare l'ubriacatura finanziaria della nazione più ricca e indebitata del pianeta."
da "Le dieci cose che non saranno più le stesse" di Federico Rampini
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