giovedì 9 luglio 2009

Di nuovo sull' ottovolante

.

Lo speculatore
da "La Repubblica" dell' 8/7/2009 (di Federico Rampini)

Gli squali del mercato sono di ritorno. Proprio mentre il G8 dell' Aquila si appresta a discutere nuove regole per disciplinare la malafinanza, la speculazione ha ripreso a imperversare. Petrolio e dollaro, junk bond o Borse emergenti, su tutti i tavoli i trader sono scatenati come a un gioco d' azzardo.

Contro ogni senso comune, le lezioni degli ultimi crac bancari e della recessione globale sembrano già dimenticate. Eppure proprio la settimana scorsa per i corsari della finanza sembrava arrivato il Giudizio universale. A distanza di pochi giorni, due sanzioni esemplari. A New York il Bernie Madoff era stato condannato a 150 anni, una pena durissima per l' autore della "truffa del secolo". Subito dopo nel Texas il giudice David Hittner aveva negato la libertà provvisoria a Allen Stanford, regista di una frode da 7 miliardi di dollari: anche per lui le porte del carcere resteranno chiuse a lungo.

Ma nelle stesse ore a Londra Steve Perkins, broker della Pvm Oil Futures, stava orchestrando da solo una gigantesca manipolazione delle quotazioni del petrolio. I futures del greggio sono schizzati alla velocità della luce fino a toccare i livelli massimi dell' anno- 73,50 dollari il barile - senza alcuna spiegazione razionale. La congiuntura mondiale è ancora debole, i consumi di energia ristagnano. Le leggi della domanda e dell' offerta non contano: un trader abile come Perkins è riuscito a "fare tendenza" da solo, trascinando dietro di sé centinaia di colleghi-concorrenti, nella folle gara tra le sale operative delle grandi banche.

In pochi minuti Steve Perkins ha bruciato 10 milioni di dollari, persi dal suo datore di lavoro, poi sembra essere sparito nel nulla. Ha fatto notizia solo perché gli è andata male, come finì male nel gennaio 2007 la puntata di Jerome Kerviel, il trader della Société Générale. Ma per altri operatori sui futures il gioco continua.

Lo stesso capo di Perkins, David Hufton che è il numero uno della Pvm Oil Associates, ha parlato di un «casinò elettronico del petrolio». Ha descritto le perversioni della "domanda virtuale" di materie prime, creata unicamente dalla finanza. Ha ammesso che «senza le Borse dei futures, il prezzo dell' energia sarebbe molto più basso».

Lacrime di coccodrillo, da parte di un colosso che manovra più di 100 milioni di barili di greggio sui mercati dei futures. Pvm è il più grosso broker indipendente nella Borsa virtuale dell' energia. Nulla indica chei blitz mordi-e-fuggi alla Perkins siano destinati a cessare. Quale credibilità avranno i proclami di principio che usciranno dal G8, le solenni promesse di aumentare i controlli?

Perfino una giustizia veloce e severa come quella americana sembra impotente. Il giurista Douglas Berman della Ohio State Law School è persuaso che i 150 anni di carcere inflitti a Madoff faranno giurisprudenza, «diventeranno il punto di riferimento per casi analoghi in futuro». Ma la storia dimostra che l' effetto-deterrente di questi castighi esemplari è scarso.

E non certo per colpa dei magistrati americani. Dagli anni Novanta a oggi, negli Stati Uniti c' è stata un' escalation nella gravità delle pene inflitte ai colletti bianchi per i reati di tipo finanziario. Se nel 1987 il finanziere Ivan Boesky se l' era cavata con tre anni e mezzo di carcere, all' inizio di questo decennio il crac Enron è costato 24 anni al chief executive Jeff Skilling, la bancarotta Worldcom è stata sanzionata con 25 anni di carcere per Bernie Ebbers. Il potere dissuasivo di questi processi però è controbilanciato da una massa di incentivi economici che spingono nella direzione opposta.

E' lo sporco segreto che le investment bank vorrebbero tenere per sé: nel bel mezzo della recessione globale, i loro affari vanno di nuovo a gonfie vele. E di pari passo risalgono le gratifiche dei trader. La speculazione paga, e per una "pecora nera" che finisce tra le maglie della giustizia ci sono cento operatori che festeggiano il ritorno delle vacche grasse. Molti di loro, naturalmente, operano in maniera del tutto legale: le regole del gioco lo consentono.

E così quest' anno la Goldman Sachs si appresta a versare emolumenti per 20 miliardi di dollari, ovvero 700.000 dollari annui a dipendente. Questo significa che il 2009 sarà un anno d' oro per i predoni della finanza. Alla Goldman Sachs guadagneranno il doppio dell' anno scorso. Stessa musica alla Morgan Stanley: a fine 2009 si prevedono 14 miliardi di gratifiche ai dipendenti, un rialzo poderoso.

Per questo fra le grandi banche americane è iniziata una nobile gara a restituire i prestiti ottenuti dallo Stato. Non per un improvviso senso di riconoscenza verso il contribuente, ma per liberarsi in fretta dei vincoli imposti dal Congresso di Washington sulle retribuzioni. Steven Eckhaus, avvocato d' affari a Wall Street presso lo studio legale Katten Muchin Rosenman, sostiene che «siamo daccapo al clima del 2007». Russ Gerson, cacciatore di teste per i più grandi istituti finanziari, parla di "business as usual". Cioè tutto torna alla "normalità", come se i tracolli delle banche e i salvataggi statali non fossero mai accaduti.

Il mare in cui nuotano gli squali è di nuovo ricco di prede. Il rimbalzo delle Borse - con l' indice Dow Jones salito del 27% dai minimi del 9 marzo - è uno scenario ideale. Non importa se incombono potenziali disastri, dalla bancarotta dell' intera California, ai fremiti di sfiducia verso il dollaro provocati dall' immenso deficit federale.

Anzi, è proprio sulle montagne russe che la speculazione trova le opportunità più vantaggiose. E gli ultimi mesi sono stati segnati da una parola magica per gli squali: "volatilità", cioè fluttuazioni estreme, capovolgimenti repentini.

I prezzi del petrolio dimezzati tra luglio e dicembre 2008, poi raddoppiati di nuovo in sei mesi. Identici scossoni per il rame e il ferro, i noli marittimi e la soya. Dietro le giravolte delle materie prime, si agitano a rimorchio le valute dei paesi produttori come il dollaro canadese e australiano, nuove star del casinò elettronico (il dollaro australiano, per esempio, ha guadagnato il 16% in un solo trimestre sul suo omologo Usa).

Idem le Borse dei paesi emergenti, dal Brasile alla Cina, che segnano rimbalzi ancora più vigorosi di Wall Street. Come se fossero colpiti da un' amnesia di massa, gli investitori del mondo intero riscoprono un atteggiamento fatale che li conduce verso le fauci degli squali: i tecnici lo chiamano "l' appetito per il rischio". L' indicatore più eloquente è il mercato dei junk bond. Così si chiamano le obbligazioni ad alta probabilità d' insolvenza. Talmente insicure, che le agenzie di rating (notoriamente indulgenti) si rifiutano di dargli un voto decente. Sono obbligazioni senza un' etichetta di affidabilità, chi le compra ne è consapevole. Ma nel nuovo clima di spensieratezza dei mercati finanziari, con "l' appetito per il rischio" i junk bond sono ricercatissimi per i loro rendimenti elevati.

Chi ha scommesso su questi titoli ha guadagnato il 23% in un solo trimestre. E dietro questo gioco ricompaiono i soliti noti. Si chiamano J.P. Morgan Chase, Morgan Stanely, Goldman Sachs. Le superpotenze della finanza, che un anno fa sembravano agonizzanti, rialzano la testa e si buttano a capofitto nelle operazioni più spericolate. Queste tre si sono messe a collocare obbligazioni sprovviste della garanzia della Federal Deposit Insurance: vuol dire che se quei titoli fanno crac, gli acquirenti perdono tutto. In soli tre mesi, sono stati emessi 41 miliardi di dollari di junk bond. In aumento dell' 81% rispetto all' anno scorso.

Ancora nell' aprile di quest' anno si era diffusa un' attesa forte verso il G8 e il G20. Si sperava che dai summit partisse una nuova Bretton Woods: una grande riforma dell' economia globale, regole nuove e stringenti, un cappio solido attorno ai mercati, controlli più efficacia livello sovranazionale. Il summit dell' Aquila dovrebbe essere una tappa cruciale di quel lavoro, per impedire il ripetersi degli eccessi che hanno fatto da scintilla per la grande recessione. Ma gli squali nuotano indisturbati. Hanno fiducia che il peggio - per loro - è già passato.

Nessun commento:

Posta un commento